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Calcio femminile, quei deferimenti che fanno discutere

La Sezione Disciplinare del Tribunale Federale Nazionale, con il comunicato n.6/TFN del 20 luglio 2016, ha sanzionato i presidenti di Brescia, Bologna, Graphistudio Pordenone e Graphistudio Tavagnacco oltre ad avere multato le società con una ammenda di 600€ ciascuna. Quale è la colpa di queste squadre? Quella di avere partecipato ad un torneo in cui gli organizzatori avevano scelto di appoggiarsi al CSI anziché alla FIGC. 

Partiamo dai fatti: la Società S.A. Porcia dal 3 al 6 aprile 2015 organizza il 17° Torneo Internazionale Maschile di categoria giovanissimi denominato “Memorial Gallini” che si è svolto a Pordenone. In contemporanea si è tenuto un torneo di calcio femminile, il “4° Festival del Calcio Femminile Under 16-Under 19“, organizzato da Tiziano Cornacchia, a cui hanno partecipato le Società di calcio femminile italiane Brescia Femminile, Bologna, Graphistudio Tavagnacco e Graphistudio Pordenone e le società estere Dusseldorf (Germania), Spartak Varna (Bulgaria), Nazionale Region I (USA) e Polmurje (Slovenia).

Il Comitato Regionale del Friuli Venezia Giulia della FIGC veniva a conoscenza del torneo e del fatto che per lo svolgimento dello stesso non era stata inoltrata alla Delegazione Provinciale della FIGC di Pordenone alcuna richiesta di autorizzazione: sentito al riguardo Cornacchia, lui precisava di essersi rivolto al C.S.I. per l’organizzazione dell’evento e si accertava che le varie gare non erano state dirette da arbitri della FIGC.

La storia sarebbe potuta finire qui (la FIGC e il CSI non sono associazioni riconosciute entrambe dal CONI e fanno capo ad essa?) ma il Comitato Regionale del Friuli Venezia Giulia informa la FIGC dell’accaduto: la Federazione fa intervenire il Tribunale Federale Nazionale che sanziona tutti con la motivazione che, anche se Cornacchia non è tesserato FIGC, sia lui che le società dovevano comportarsi come se fossero sotto l’egida della Federazione e quindi informare la FIGC del torneo.

Tutto ciò, come detto prima, ci risulta abbastanza assurdo: non solo la FIGC non sta supportando a dovere il calcio femminile (secondo il report dell’Uefa la FIGC investe nel calcio femminile 3 milioni di euro l’anno contro i 9 circa della Germania. Non basta una riforma del campionato, serve il professionismo, caro Tavecchio) ma addirittura mette i bastoni tra le ruote a delle società che si sono mosse in maniera autonoma e senza guadagnarci praticamente niente al puro scopo di diffondere il calcio in rosa, reprimendo le azioni di promozione e “punendo” i presidenti “ribelli” che hanno la sola colpa di voler far giocare delle ragazzine. Sarebbe tutto addirittura kafkiano se non fosse che Sergio Grandi, Giuseppe Cesari, Roberto Moroso e Antonello Colle, ovvero i presidenti di Bologna, Brescia, Tavagnacco e Pordenone, non potranno rappresentare le proprie società per cinque mesi, ignorando completamente il lavoro svolto soprattutto nel settore giovanile da parte di queste società e la loro presenza costante e solida nel tentativo di sviluppo del calcio femminile italiano.

Questa azione non può che generare una forte perplessità nei confronti della massima associazione calcistica italiana da parte di chi vi scrive: può anche andare bene (e non va bene per niente) appoggiare in maniera blanda il movimento e il calcio femminile, ma addirittura mettere i paletti tra le ruote e rischiare di generare un conflitto di attribuzioni tra CSI e FIGC non ci sembra una cosa saggia. In questi mesi, con il nostro lavoro di cronaca, abbiamo registrato moltissime lamentele da parte degli addetti ai lavori verso un atteggiamento negativo della Federazione nei confronti del calcio femminile: una sentenza del genere getta solo altra benzina sul fuoco.