Premessa numero uno: un argento olimpico è sempre e comunque tanta, tantissima roba.
Premessa numero due: per quanto in fase calante, la Szász non era l’ultima arrivata. In declino e baciata dal fato che le ha concesso di sfoderare la gara della vita nell’ultima occasione possibile, d’accordo, ma comunque un’atleta che qualcosa in carriera ha raccolto e quindi non era affatto automatico che la Fiamingo vincesse (sebbene rimanesse probabile).
Premessa numero tre: in una finale – di qualunque genere e tipo – può succedere sempre e comunque di tutto. Spesso si ripete stancamente questo mantra come mero artifizio retorico per riempire il vuoto di chi non sa cosa dire ma resta un concetto verissimo. Specialmente alle Olimpiadi, dove favole inattese e ribaltoni impronosticabili fanno spesso capolino a tradimento.
Però la sconfitta in finale brucia, brucia parecchio. E non è la classica rosicata di prammatica all’italiana che salta puntualmente fuori tutte le volte che un nostro portacolori non riesce a centrare l’oro, tendenzialmente firmata da chi la scherma la segue una volta ogni quattro anni e che sfoga così la delusione momentanea totalmente incurante del contesto o dei pregressi.
Brucia perché Rossella Fiamingo è probabilmente la numero uno al mondo della sciabola femminile nonché la massima favorita della vigilia per il successo finale. Brucia perché era riuscita a rimontare e vincere la semifinale contro la schermitrice cinese nonostante sembrasse in netta difficoltà per due terzi di gara, realizzando una bella impresa che poteva farla volare altissimo anche in finale. Brucia perché la Szász è stata sotto di ben quattro stoccate a metà della seconda manche (considerando che si vince toccando quota quindici si capisce bene che era un vantaggio più che rilevante). Brucia perché nei precedenti confronti l’italiana aveva avuto ragione della magiara in quattro occasioni su cinque, anche con punteggi pesantissimi. In buona sostanza, brucia perché l’oro era ampiamente alla portata e la sensazione è che Rossella l’abbia perso, più che non sia stata l’ungherese a vincerlo.
E alla fine – come spesso accade nello sport quando non vince il più forte – si rimane con il fisiologico stato d’animo amarissimo che segue una sconfitta peggiorato dalla consapevolezza che, oltre all’avversaria, la Fiamingo abbia dovuto affrontare su quella pedana anche sé stessa, uscendone però sconfitta. Difatti, la rimonta dell’esperta magiara ha tolto tutte le certezze che Rossella si era costruita nella prima metà di gara, causando la perdita della grinta e della cattiveria necessarie per andare fino in fondo e guadagnarsi l’alloro olimpico.
Ci saranno altre occasioni, questo è scontato, ma la sciabolatrice italiana ha perso la sua chance di potersi affermare come dominatrice totalmente incontrastata degli ultimi tre anni, mancando a un appuntamento con l’oro che, alla vigilia, era virtualmente già deciso. È chiaro che l’azzurra è la più delusa di tutti, adesso. Inevitabilmente, peraltro. Non voglio aggiungere ulteriore peso alla sua amarezza, ci mancherebbe, ma può essere che la nostra abbia peccato di presunzione e che sia stata severamente punita per questo.
E adesso si ritrova con un oro olimpico in meno ma anche con una lezione fondamentale in più che la farà crescere esponenzialmente come atleta (e questa vale immensamente di più del pur prezioso argento portato a casa). Quindi forse non è andata benissimo come ci si aspettava ma, in fin dei conti, senz’altro bene.