Editoriali

Il Sassuolo, Bari e Tokio

Nel pieno della sbornia olimpica e con sullo sfondo la storica svolta della cessione del Milan, torniamo per la terza volta in questo spazio su una società che ha lavorato, sta lavorando e lavorerà bene.

L’Italia che funziona, se vogliamo: il Sassuolo, che ha conosciuto ieri l’esito del sorteggio di Nyon in vista dell’ultimo ostacolo prima della fase a gironi di Europa League.

Esserci è già qualcosa di unico; inimmaginabile pochi anni fa: una scalata importante e soprattutto non estemporanea, né frutto unicamente dell’exploit di un modulo o un calciatore.

La presenza del Sasòl tra le pretendenti a un posto al sole è figlia di anni di oculata gestione e programmazione; anche di investimenti, certo: ha confermato giocatori che in altre “piccole” sarebbero stati venduti a peso d’oro. Ma resta la grande impresa: superare molte “grandi” nella corsa all’Europa del giovedì e soprattutto crederci. Trattarla come tale, non snobbare alcunché: esserci per giocarsela, rispettare tutti senza temere nessuno.

La dimostrazione di forza della gara di ritorno contro il Lucerna, in particolare, è ben augurante. Dovessero i ragazzi di Di Francesco passare il turno, conquisterebbero nella fase a gruppi la simpatia del tifoso italiano neutrale, non coinvolto nelle cose di coppa: impossibile non apprezzare la novità e la freschezza del progetto, l’ambizione ma anche l’umiltà delle azioni.

Ora l’ostacolo si chiama Фудбалски клуб Црвена Звезда. O anche: Fudbalski klub Crvena Zvezda. Meglio ancora: Stella Rossa Belgrado.

Spaventa meno rispetto alla versione cestistica – chiedere alla Dinamo Sassari – ma parliamo di un nome grosso. Blasonato, soprattutto: 27 trionfi tra lega dell’ex Jugoslavia e di Serbia Montenegro/Serbia, per non parlare delle 24 coppe nazionali. E, soprattutto, della Coppa Campioni. Conquistata il 29 maggio 1991 davanti ai 51 mila del San Nicola di Bari, contro il Marsiglia.

Prosinečki, Binić, Belodedici, Mihajlović e Pančev; dal dischetto nella “lotteria” dei rigori, a piegare l’Olympique di Chris Waddle, Abedi Pele, Dragan Stojković e Abedi Pele.

Nomi che commuovono, oggi che sui social vanno di moda le “operazioni nostalgia”; nomi che colpiscono se si pensa a dove fossero all’epoca i neroverdi: freschi di retrocessione nei dilettanti dal girone B della vecchia C2, abbinati a Virtus Roteglia, Fanfulla, Reggiolo, Crema e Brescello in Interregionale.

Da lì in poi la società è andata consolidandosi, col ritorno di Giorgio Squinzi dopo l’impegno delle sponsorizzazioni degli anni ’80. Una salita irresistibile, molto più concreta e pragmatica della stagnazione di tanti grandi club del calcio italiano.

Ora chiamato alla riscossa, magari grazie alla matricola terribile che affronta chi nel 1991 conquistava il mondo a Tokyo: al Sasòl non chiediamo tanto, ma solo di farci divertire. E magari regalare a tifosi e appassionati almeno altre 6 partite nel football continentale.

Published by
Matteo Portoghese