Roberto Antonelli, classe ’53, è stato uno dei protagonisti dello scudetto della stella nel Milan (stagione 1978/79). Soprannominato “Dustin” per la somiglianza con l’attore Hoffman, ha poi seguito l’altalena della squadra rossonera tra A e B fino al 1982, anno in cui andò al Genoa. Conclusa la carriera da giocatore nel 1986, ha allenato in serie minori (Novara, Caratese, Seregno, Monza tra le altre) fino al 2006. Ha lavorato anche come osservatore. Luca Antonelli, terzino proprio del Milan, è suo figlio.
Roberto, cominciamo dall’argomento del momento: la Juventus e la sua campagna acquisti. Quello della squadra torinese sembra un dominio in Italia, credi possa fare bene o male al calcio italiano?
Ovviamente non può fare bene al calcio italiano, la Juventus era già una squadra pressoché imbattibile negli ultimi 4-5 anni, con gli acquisti che ha fatto quest’anno credo che il campionato italiano ne esca condizionato, perché penso si debba iniziare a pensare dal secondo posto in giù per le altre. L’Inter sta facendo una discreta campagna acquisti, credo sia subito dopo. Napoli e Roma hanno anch’esse qualcosa in più, da lì in giù credo tutte siano sullo stesso livello.
Passando al Milan, realtà alla quale è più legato, è notizia recente la protesta dei tifosi presso la villa di Berlusconi ad Arcore, lei che opinione ha sulla situazione? Qualche supporter si sente preso in giro dall’atteggiamento della società in questo frangente…
Questo assolutamente no, non ci sono prese in giro. La società è sempre stata seria e continuerà a esserlo. Probabilmente Berlusconi vuole grosse garanzie da chi vuole acquistare il Milan per far sì che la squadra sia ancora protagonista in Italia e nel Mondo. Già ora il Milan è una discreta squadra con un buon allenatore. Se si riesce a concludere la trattativa in un modo o nell’altro e a fare un paio di acquisti, credo che i rossoneri potranno dire la loro al livello di Inter, Roma e Napoli.
Ci sembra di intuire lei abbia quindi una buona opinione di Montella, nuovo allenatore del Milan…
Certo! Lui è un tecnico che “fa giocare a calcio”, uno che insegna il gioco. Molti giocatori in rosa potranno trarne beneficio. Anche in queste prime uscite, la squadra mi è sembrata muoversi molto bene, anche se gli impegni estivi possono lasciare il tempo che trovano.
Riesci a fare un parallelismo tra il suo Milan, quello a cavallo tra anni ’70 e ’80, e quello di oggi? C’era una cultura societaria che lei ha ritrovato negli anni in cui suo figlio ci sta giocando?
No, è complicato fare questo confronto. Credo che il calcio sia cambiato completamente, gli interessi sono aumentati. Allora non esisteva lo svincolo, quindi si era legati alla propria squadra per sempre se non ti vendevano loro. Si parla di cifre diverse, di televisioni, di sponsor…
Quindi non riesce a dirci il motivo per cui Liedholm se ne andò subito dopo aver vinto quel decimo scudetto…
Esatto [sorride], questo non posso proprio saperlo. Allora si giocava e basta, nessuno di noi giocatori aveva voce in capitolo o era a conoscenza di queste dinamiche. Il discorso valeva per ciò che succedeva a noi stessi, figuriamoci per ciò che succedeva agli altri o all’allenatore!
Ultima domanda, essendo stato lei allenatore e dirigente: a livello di calcio giovanile, la situazione sia a livello di squadre minori sia di rappresentative nazionali, è buona? Come la valuta?
Si potrebbe fare molto di più! La necessità arriverà da sola. Ormai a parte la serie A, soldi ce ne sono sempre meno, quindi credo che dalla Lega Pro in giù si dovrà fare per forza del settore giovanile qualcosa di importante, per il futuro delle società stesse. Ogni anno vediamo intere società sparire… proprio per ragioni economiche, bisognerà puntare soprattutto sui giovani. In questo modo magari avremo la possibilità di vedere qualche giovane anche in serie A. Il fatto è che i giovani hanno bisogno di giocare, se giocano hanno la possibilità di farsi vedere e le squadre di serie A se puntano a traguardi importanti hanno difficoltà a farli giocare. Bisogna farli giocare nelle serie inferiori per renderli in grado di affrontare le massima serie.
In quest’ottica la possibilità di avere squadre “B” delle più grandi società potrebbe essere una buona idea, ma temo sarà un progetto molto difficile da realizzare.