Editoriali

A cosa servono le tournée estive?

Partiamo subito con il mega spoiler: a niente. Perlomeno sul piano tecnico. Qualunque analisi tattica di ciò che accade in campo durante questi ormai grossi tornei, più o meno itineranti, che si svolgono in diverse parti del mondo ogni anno, non serve a nulla. Anzi, c’è anche il poco simpatico corollario del consueto teatrino tra opinionisti (in TV, nei bar, sui social) che si scannano a vicenda per deliberare quanti danni faccia alla preparazione estiva delle società italiane coinvolte. Stucchevole e sterile, per dirlo in due parole, ma purtroppo è diventato un luogo comune del quale faticheremo moltissimo a liberarci.

I motivi dell’inutilità acclarata e conclamata delle tournée? Presto detti: le squadre spesso sono senza alcuni (o gran parte dei) titolari perché ogni estate c’è un Europeo, un Mondiale, una Copa América che rende indisponibile questo o quel giocatore perlomeno per parte della competizione. Trattandosi di calciatori convocati dalle rispettive Nazionali, molto spesso si tratta pure delle stelle del club e di elementi imprescindibili dello scacchiere dei vari allenatori.

Ma non solo. Questi maxi eventi si adoperano per garantirsi la partecipazione di alcune delle società di pallone più importanti del globo, il che significa contare su compagini provenienti da diversi campionati che, logicamente, iniziano in momenti diversi. Visto che la preparazione pre-stagione viene organizzata in base alla data in cui avrà luogo la prima giornata (in quanto consegna finale per entrare un minimo in ritmo partita), non è difficile capire che i carichi di lavoro sulle gambe dei calciatori chiamati a scendere in campo sono spesso molto diversi tra loro: chi inizia prima la stagione ufficiale è decisamente più in forma di chi arriva dai lavori pesanti del ritiro.

Non è però nemmeno finita qui: tantissimo fanno anche le motivazioni di squadra e le scelte dell’allenatore. Una compagine collaudata e più radicata nell’abitudine a vincere ha sempre un vantaggio rispetto a un underdog (del resto si parla di blasone mica per niente) e – per quanto blandamente – questo tipo di approccio si trova anche in queste sonnolente sfide. Ci sono infatti squadre che fanno ciò che serve per vincere quasi in automatico, ormai. Non solo perché abituate a giocare meglio ma anche perché use a vincere sempre, anche con un Cornetto Algida in palio. Si chiama mentalità, tendenzialmente. Ma si diceva del peso dell’allenatore: i tecnici possono decidere se sfruttare queste occasioni per sperimentare o per provare a oliare ulteriormente i meccanismi oppure anche inserirne di nuovi.

È chiaro che se, per esempio, mister Ancelotti decide di schierare Javi Martínez centravanti e Ribéry regista, il suo avversario di giornata avrà vita più facile contro il suo Bayern. Se invece il sor Carletto è deciso a provare un assetto il più simile possibile a quello definitivo allora sono guai grossi per tutti. E lo stesso vale per il Real Madrid, il Chelsea e tutte le squadre dotate di rosa profonda e qualitativa normalmente coinvolte nell’International Champions Cup, il torneo estivo più famoso attualmente.

Solo chi è più avanti nel percorso di preparazione atletica e ha a disposizione una porzione sufficiente della rosa può trarre qualche utile tecnico dalle varie spedizioni e, puntualmente, questo non capita praticamente mai alle società italiane coinvolte che, tendenzialmente, non fanno altro altro che rimediare figuracce intervallate da qualche (sporadica) reazione d’orgoglio o, semplicemente, da una partita fortunata.

Mettiamolo subito in chiaro: è calcio estivo, non conta assolutamente nulla e chi si danna l’anima per questo tipo di gare o non ha nulla di meglio da fare oppure si prende decisamente troppo sul serio anche come appassionato di football. Anche perché il motivo per cui così tanti club così importanti partecipazione a questa competizione all’acqua di rose è uno solo: i soldi. l’ICC garantisce tre milioni e mezzo di euro a chi vi prende parte, non molto meno dell’Europa League, per dirne una. Abbastanza perché sempre più club sono interessati a essere inclusi nel novero delle partecipanti.

Il problema è che questo tipo di tournée non ha alcuna controindicazione per le squadre ben allenate che di norma funzionano come orologi mentre invece sono grandi, enormi perdite di tempo per le compagini nostrane (Juventus a parte) e le società che si stanno ricostruendo. Del resto, chi mai ha sostenuto che eventuali problemi di Bayern, Real o Manchester United possano risiedere nella tournée estiva? Si tratta solo di un mero passatempo (molto) remunerativo che – più che i giocatori – fa piacere alle casse societarie, in cui peraltro i mister badano prima di tutto il resto a non far infortunare i loro uomini. Per carità, i soldi sono già qualcosa. Ma, tutto sommato, faremmo decisamente a meno di vedere partite ignobili giocate da metà primavera a luglio inoltrato strombazzate come se fossero “amichevoli di prestigio”, quando spesso si riducono a essere la cantera del Real contro la Primavera del Milan – o simili.

Tanto più che l’unica utilità (a parte quella monetaria) che un’ICC o chi per essa pare avere sul nostro sistema calcio è alimentare le inutili polemiche su quanto la tournée estiva sia stata la causa più o meno indiretta di questa o quella squadra…

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Giorgio Crico