Il Grasshopper, allenato dal ticinese (ma nativo di Clusone, in provincia di Bergamo) Pierluigi Tami, si presenta quest’anno al via del campionato orfano del capocannoniere della scorsa stagione, l’israeliano Munas Dabbur (19 gol e 13 assist il suo bottino complessivo), con l’ambizione di fare una stagione di vertice. Bisognerà, però, correggere il tiro: nel girone di ritorno del precedente torneo, le “Cavallette” hanno totalizzato solamente 20 punti, contro i 33 della prima parte. Alla pausa di Natale, il 2° posto sembrava ancora un obbiettivo concreto; dopo il giro di boa, però, i tigurini sono stati superati da Young Boys e Lucerna. Il 4° posto ha tuttavia garantito ai biancoblù di partecipare ai preliminari di Europa League: la stagione, per loro, è infatti già iniziata con un 3-3 a Reykjavík (il ritorno a Zurigo è previsto per domani sera).
La squadra, quest’anno, ha visto diverse partenze: importanti quelle di Munas Dabbur e Shani Tarashaj. A queste, si sono aggiunti gli addii di Manuel Kubli, Noah Loosli, Georgi Milanov, Philippe Senderos e Moritz Bauer. Sono arrivati invece a Zurigo Lucas Andersen (dagli olandesi del Willem II), Gülen dal Vaduz, Lavanchy dal Losanna, Munsy dal Thun e il nazionale islandese Rúnar Már Sigurjónsson, proveniente dall’Allsvenskan. Quest’ultimo, in particolare, è molto atteso in riva alla Limmat: nel campionato svedese, è stato uno degli artefici dell’ottima prima parte di stagione del Sundsvall, mettendo a segno sei reti, e fornendo due assist.
Quali sono le incognite della stagione per i tigurini? Il reparto offensivo. La poderosa macchina da gol della scorsa stagione è stata, infatti, smantellata. Di fatto, Tami potrà contare su sostituti come l’ex Thun Munsy (andato a segno in Islanda), Haris Tabaković e Florian Kamberi. Tuttavia, numeri alla mano, Dabbur e Shani Tarashaj, lo scorso anno, hanno segnato 30 dei 65 gol complessivi delle Cavallette. Il trio d’attacco (che comprende Caio, rimasto a Zurigo) ha totalizzato 43 centri totali. Bisognerà ripetersi, per ambire a posizioni di vertice.
C’è poi l’annoso problema dello stadio. Da diversi anni, da quando cioè il vecchio impianto è stato demolito, con tanto di raccolta di cimeli e ricordi (zolle del terreno, pezzi di porte eccetera), gli ultras del GCZ espongono lo striscione: “Trotz Exile Spiel bei jedem” (nonostante l’esilio, ci siamo sempre a ogni partita). Il Letzigrund, dal 1925 casa dei rivali cittadini dello Zurigo, non è visto con simpatia: e sono pochi, infatti, gli spettatori che si recano a vedere la partita.
La nostalgia per il vecchio Hardturm (aperto nel 1929), resta grande. I tifosi del GCZ (come i dirimpettai dello Zurigo, a dire il vero) non hanno nulla contro lo stadio unico per entrambe le squadre, ma vorrebbero che fosse costruito esclusivamente per il calcio. Dopo anni di piani abortiti, votazioni cittadine che hanno bocciato progetti e sogni, forse qualcosa si sta muovendo in tal senso: i progetti sono davvero avveniristici e stupendi, dal punto di vista architettonico e della fruibilità. Tuttavia, bisognerà trovare, ora, investitori e consenso.
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