Editoriali

Il mercato delle altre

“Estate”, per un calciofilo, significa una cosa sola: calciomercato. Con la fine degli Europei risalente a ormai una settimana fa, siamo nel pieno del dominio mediatico di trattative, procuratori, entourage, fumate bianche, firme nella notte, indiscrezioni, rumour, valzer di portieri e domini di attaccanti. Eccetera, eccetera, naturalmente.

Mentre impazza il mistero Pogba e quindi il dibattito su tutte le possibili destinazioni dove il giocatore francese potrebbe decidere di portare i suoi talenti (ammesso e non concesso che se ne vada sul serio), la Juventus sembrerebbe pensare a uccidere definitivamente la Serie A per i prossimi tre anni come nemmeno Mediaset Premium con la Champions League (cfr. possibile acquisto di Higuaín), le strategie delle milanesi si possono riassumere in un gigabolico “boh”, la Roma perde Pjanić ma pare intenzionata ad assestare ancora qualche bel colpo prima della fine della giostra di mercato, il Napoli sta facendo di tutto per rafforzarsi.

Quel di cui invece poco si parla è il calciomercato delle altre, ossia di tutte le squadre che non sono parte del ristretto gruppo delle storiche grandi. In particolare, stanno passando sotto silenzio i colpi di due società che si stanno muovendo in modalità ninja, quasi senza far rumore ma molto efficacemente.

La prima è il Bologna. Dopo aver creduto nel rilancio di Giaccherini e, di fatto, averlo trasformato nella stella/pietra angolare della squadra lo scorso anno, stavolta i felsinei ci riprovano con due talenti stranieri ammirati agli Europei, confermando di avere degli scout tendenzialmente più svegli di tante altre società di pari livello: Krejčí e Nagy hanno ben figurato con Repubblica Ceca e Ungheria alla manifestazione continentale, sono entrambi giovani ma non sprovveduti (il boemo in particolare vanta già più di 150 presenze da professionista) e rappresentano due scommesse tecnicamente molto, molto interessanti.
Certo, rimane ancora qualcosa da fare per puntellare ulteriormente la rosa ma i rossoblù sembrano aver azzeccato al meglio la direzione in cui lavorare. Peccato per le intemperanze di Diawara, al momento una brutta grana da risolvere (nota moralista: ma si possono fare o tollerare simile bizze da uno sgarzellino reduce dal primissimo anno di Serie A? Roba da matti). Tuttavia il tridente Mounier, Destro, Krejčí è hipstericamente suggestivo ai massimi livelli (fantacalcisti avvisati…) e per tutti i feticisti del giovane ricercato ma promettente è una prospettiva bellissima.

Dall’altro lato abbiamo invece il Torino, reduce dal suo rinascimento venturiano (venturesco? venturoso?) e pronto a cambiare pelle nelle mani di Siniša Mihajlović, il quale potrebbe finire per avere a disposizione un tridente ancor più intrigante di quello tra le mani di Donadoni. Dando per buone le insistenti voci che vogliono Iago Falque e Adem Ljajić in procinto di firmare coi granata, il tecnico serbo si troverebbe a disposizione un settore d’attacco con non poco talento. Certo, se poi dovessero arrivare almeno un paio tra i vari Bruno Fernandes, Grenier, Bjarnason, Soriano (pallino del mister), Bjarnason, Saponara e Valdifiori si potrebbe anche guardare al Toro con una certa aspettativa.
In realtà, peraltro, anche solo il fatto che si facciano certi nomi per il mercato dei sabaudi è un segno di rinnovata ambizione del club, si spera desideroso di confermarsi nella sua posizione a ridosso della zona Europa e pronto a dar battaglia per conquistarsi le trasferte continentali. Tutto dipende da Cairo, come al solito, e la speranza è che il buon lavoro fatto finora non evapori nel nulla lasciando a Mihajlović una squadra talentuosa davanti ma monca nel resto del campo per via di troppa attenzione al borsello. Del resto è storia vecchia, ormai.

Bologna e Torino (ma se ne sarebbero potute citare anche altre, ovviamente) sembrano aver compreso chiaramente cosa vogliono da sé stesse e come procurarsi ciò che serve loro per raggiungere gli obiettivi. Un comportamento certamente intelligente, vedremo se sarà anche azzeccato a sufficienza da poter essere definito addirittura “virtuoso”.

Senza dubbio stanno dimostrando che costruire belle rose anche senza avere i soldi qatarioti/russi/cinesi/sauditi è possibile. E a metà luglio è già qualcosa.

Published by
Giorgio Crico