Un bell’Europeo
Siamo alla fine, oggi si gioca la finale e si può dire: è stato un bell’Europeo (e non nel senso in cui lo è il direttore di Fantozzi). Certo, non proprio tutto merita la promozione, per esempio la composizione del tabellone degli ottavi tende un po’ al ridicolo ma quest’edizione era “la prima della sua stirpe” a ventiquattro squadre e tutto sommato è comprensibile che qualche pastrocchio sia scappato – a patto ovviamente che la formula sia corretta tra quattro anni, è chiaro.
Per chi aveva dubbi sul fatto che l’allargamento dei ranghi avrebbe portato a un abbassamento della qualità complessiva è arrivata la smentita, puntuale come una cambiale: i successi di Islanda, Irlanda del Nord, Galles, Ungheria e compagnia hanno semmai dimostrato che il livello medio del football continentale è cresciuto un po’ ovunque e quindi ha senso far partecipare più compagini perché nessuna delle formazioni spacciate alla vigilia ha effettivamente svolto il ruolo dell’agnello sacrificale.
Piuttosto devono interrogarsi a fondo i responsabili dei fallimenti più gravosi, come quelli di Inghilterra e Spagna: se gli albionici hanno infatti deluso le aspettative uscendo contro la cenerentola nordica soprattutto a causa di una gestione scellerata di Hodgson del materiale umano a disposizione, gli iberici dovranno invece sorbirsi varie visioni di tutte e quattro le sfide giocate, visto che ne hanno perse la metà e, soprattutto, ne hanno vinta in modo convincente una sola (contro l’insipida Turchia, una delle due terze a non classificarsi, di sicuro non un primato di cui andare fieri). Allo stesso modo, qualche domanda pesante se la dovrà porre il Belgio, uscito male contro il Galles a dispetto delle enormi aspettative che circondavano i Diavoli Rossi, eliminati dalla competizione con due sconfitte sul groppone su cinque sfide totali e mai in grado di dare la sensazione di dominare le partite nonostante un paio di punteggi rotondi a loro favore.
C’è stata l’empatia per l’Islanda, un paio di belle imprese dell’Italia (per noi sostenitori degli Azzurri, ovvio), un’Ungheria desiderosa di onorare il pedigree antico ma sempre affascinante, entrambe le facce dell’Irlanda agli ottavi, un Galles capace di portare più lustro alla tradizione delle home nation rispetto ai più blasonati vicini inglesi. Ci sono stati sprazzi di CR7 e Hazard, un Griezmann monumentale, un Toni Kroos capace di insegnare calcio sempre e comunque, una Polonia coraggiosa ma sfortunata.
Tante belle cose, dunque, in questa valigia francese che, nonostante tutto, aspetta ancora di essere chiusa dopo l’atto conclusivo, il più importante: onestamente, questi Europei ce li siamo proprio goduti.