La nota stonata di Italia-Germania
Ci scuseranno Francia e Islanda, se non dedichiamo loro questo spazio quotidiano. Ma la ferita di Italia-Germania brucia ancora, brucia forte, e non possiamo non tornare sugli eventi dell’altra sera.
Italia-Germania, per noi, noi italiani, ha sempre rappresentato ricordi positivi contro una nazionale — quasi sempre — più forte della nostra. Ricordi che rappresentano, nell’immaginario comune, la simbologia del buttare il cuore oltre l’ostacolo, dell’umiltà che batte l’arroganza, dell’imperfezione che per una volta ha la meglio sulla perfezione tutta teutonica fatta di capelli biondi e occhi azzurri.
Italia-Germania è fatta della rivalsa di Rivera, che prima non riesce a intervenire per salvare un gol di fianco al suo palo e poi si riscatta segnando un gol che entrerà nella storia, delle urla liberatoria del medianaccio Tardelli e del terzinaccio Grosso (simboli più che adatti dell’umiltà che batte l’arroganza tipica della perfezione), della parabola di Del Piero, che risorge dalle ceneri di un Francia-Italia di sei anni prima, fino ad arrivare alla calma scultorea di Balotelli, mai così giocatore vero come in quell’Europeo di quattro anni fa.
E invece oggi siamo a commentare un puzzle venuto male, per colpa di una casella che non c’entra niente nell’insieme. In una Nazionale così depotenziata dal talento ma con grinta e acume tattico ben oltre la media fa breccia l’istantanea del rigore di Pellè, unico momento di totale scellerata supponenza in una squadra, una partita, una storia segnata dall’umiltà.
L’attaccante del Southampton prima ha mimato il segno del cucchiaio a Neuer e poi, di fronte all’imponenza del portierone tedesco, si è sciolto in una ciabattata strozzata col suo piede destro, con la palla che beffardamente è finita alla destra della porta, scavandogli una fossa fatta di vergogna e pentimento.
Perché sì, siamo sicuri che Pellè si sia già pentito per quel momento di assurda tracotanza, così stonato rispetto alla storia che Italia-Germania ci ha insegnato fin qui. Ma il dolore che ci ha provocato va ben oltre l’eliminazione in un quarto di finale degli Europei: il suo gesto ci ha fatto perdere per la prima volta contro la Germania, proprio nell’unica volta in cui uno dei nostri ha pensato anche solo per un momento di poterli sbeffeggiare serenamente.
E la beffa, ora, ce la portiamo a casa noi.