L’Europeo dei molti “Podemos”
Non si dica che questo Euro 2016 è un torneo prevedibile, o noioso, o mal giocato. È vero, ventiquattro squadre sono tante, troppe, anche a causa di quella formula un po’ bislacca delle quattro terze qualificate agli ottavi su sei, difficilmente convincente; ciononostante, sinora, il campionato continentale è godibile, ricco di sorprese e, soprattutto, privo di certezze. Tra queste, l’Italia. E lo diciamo proprio dopo averla data preventivamente per spacciata (i pronostici li sbaglia solo chi li fa), immaginandoci un 3-0 relativamente in scioltezza da parte d’una Spagna parsa uno squadrone, e l’unico, sino al 45′ della partita poi perduta con i croati.
Antonio Conte, invece, dopo la delusione irlandese di mercoledì scorso, prepara la partita perfetta d’una compagine che sembra la diretta messa in pratica delle sue “fisse”: densità, intensità, rapidità. solidità difensiva e ripartenze. Dopo un primo quarto d’ora in cui gli Azzurri prendevano puntualmente d’infilata l’immota mediana iberica, pensavamo che un avvio di questo genere si sarebbe fatto sentire, e molto, con lo scorrere dei minuti, in termini di fatica, fisica e mentale. Niente di più falso: prima il sontuoso Pellè, poi il solito Giaccherini mettevano in crisi le ormai troppe incertezze delle (ex) Furie rosse, col sigillo di Chiellini a sancire un’indiscutibile quanto imprevista superiorità tricolore. Sogno utopico, alla vigilia, con il raddoppio nel ricupero finale a dimostrare come questa squadra non abbia la minima intenzione di mollar l’osso, facendoci venire in mente, in un paragone per così dire “trans-sportivo”, Cagnaccio Rosolino, nuotatore il cui temperamento era pure superiore alle non poche qualità fisiche e tecniche.
Non è, però, soltanto l’Italia a stupire l’Europa, benché quella con la Spagna rappresenti, al momento, forse l’impresa più entusiasmante, per qualità di gioco e capacità di sovvertire un pronostico sfavorevole, insidiata dalla dolorosissima nonché gustosa Brexit pallonara imposta dalla sorpresa Islanda agli (ex) “maestri inglesi”, costringendo peraltro mister Hodgson alle dimissioni. Il calcio anglosassone, sugli scudi al termine della fase a gironi, esce ridimensionato dal primo turno a eliminazione diretta, contando ora soltanto sull’arrembante Galles di Bale e Ramsey, altra autentica outsider del lotto. E che non si sottovaluti, infine, la solida Polonia di Fabiański (ancor più che Lewandowski), in grado di ipnotizzare tutti gli attacchi con cui si è scontrata, arrendendosi soltanto dinanzi al capolavoro balistico di Xherdan Shaqiri, probabilmente destinato a diventare l’emblema del torneo.
Che dire? Sino alla composizione dei quarti, l’impressione è quella d’un Europeo in cui l’organizzazione di gioco, specialmente a partire dalla difesa, premia ben più e ben oltre delle “figurine” schierate in campo. Gli underdog ungheresi (tra i migliori per circolazione di palla al di là del tabellino avverso contro il Belgio), quelli polacchi, gli stessi irlandesi in grado di spaventare la Francia sino alla banda azzurra che non farà dormire sogni tranquilli, di qui a sabato, a Löw sembrano dimostrare che in un torneo breve contino più che altro compattezza e atletismo. Il che, da un certo punto di vista, rende tutto più interessante e imprevedibile, anche più, vogliamo esagerare, del calcio dei club che molti, invece, tendono a preferire.
Mancano ormai tre partite per chi avrà modo di arrivare in finale e tutte, nessuna esclusa, hanno qualche motivo per sperare. L’Italia conta sulla cabala e la tradizione favorevole contro i germanici, l’Islanda potrebbe rivelarsi un incubo per un Pogba da più parti messo in discussione, Galles-Belgio e Polonia-Portogallo hanno l’aria di poter selezionare in ogni caso un cliente rognoso per una finale probabilmente inedita e di arduo pronostico alla vigilia delle ostilità. Sorprese, imprevisti e probabilità: in un’Europa corrosa da spinte centrifughe e dalle più varie preoccupazioni, almeno nel calcio, “Podemos!” è uno slogan che si può ancora gridare.