E’ il 20 giugno 1976, le formazioni di Cecoslovacchia e Germania Ovest, due stati destinati a scindersi o a ricongiungersi negli anni a venire, si sfidano a Belgrado. In palio, allora come ora, il titolo di Campione d’Europa. Arbitra l’Italiano Gonella, che due anni dopo dirigerà anche la finale mondiale di Buenos Aires tra Argentina e Olanda. I tempi regolamentari si chiudono in parità. Da una parte Franz Beckenbauer, Bonhof e Vogt, dall’altra Antonin Panenka, valente mezzala e Zdenek Nehoda, buon attaccante. Cecoslovacchi in vantaggio 2-0 dopo venticinque minuti, con Svehilk e Doblas, tedeschi che recuperano segnando un gol subito e uno all’ultimo minuto (D. Muller e Holzenbein).
Ai rigori si prosegue verso un’oltranza prolungata, finche non arriva l’errore di Hoeness che consente ad Antonin Panenka di calciare il tiro decisivo. Panenka ha un segreto, che tale non è per i conterranei, avvezzi ad osservarlo nel campionato nazionale, quanto piuttosto per chi vive oltre la cortina di ferro e non lo ha mai visto calciare un rigore dal boemo. L’assioma è elementare: il portiere si butta sempre da un lato, quando per mero calcolo probabilistico, quando per suggestione indotta dalle finte di chi calcia. Pertanto è possibile scavalcarlo, accarezzando il pallone quel tanto che basta per inarcarlo oltre la pelle di leone del portiere proteso, e sorprenderlo.
Ciò non significa che sia facile: ci si espone al rischio di autofintarsi da soli, regalando al portiere avversario la più facile delle parate. Nel caso specifico poi, la Cecoslovacchia tornava a disputare una finale che conta dopo due finali mondiali perse e in tempi di regime, un errore tragicomico avrebbe indirizzato Panenka verso un esilio in fabbrica. Ma al baffo simil texano di Panenka, questo non importava, ormai il dado era tratto, il mondo avrebbe scoperto un colpo nuovo: rincorsa, corpo caricato da una parte, palla leggermente alzata verso il centro esatto dello specchio. Goal. Andò proprio così: risultato finale 3-2. La Cecoslovacchia aveva appena conquistato il proprio alloro e Panenka mise a segno una delle reti storiche della competizione europea. Insieme alla prodezza di Van Basten nell’88, si tratta dei gol più memorabili siglati in un Europeo.
Gli eredi di Panenka sono ben noti a noi italiani: prima Totti nel 2000, poi Pirlo nel 2014. In ambedue i casi, il proscenio è sempre quello degli Europei. Certo, non sempre riesce e a volte rincresce, come capitò sempre a Totti in campionato, con Sicignano e con Campagnolo, ma anche Pirlo, al trofeo Gamper 2010, eppure a onor del vero, il solo fatto di aver concepito un colpo del genere è un autentico lampo di genio, da riconoscersi a Panenka. In fondo, a distanza di quarant’anni, non dovrebbe essere passato giorno in cui qualcuno non gli abbia ricordato quel gol. E vieppiù oggi, siamo tutti legittimati a farlo. Chi sarà il prossimo a “scucchiaiare”?