Stereotipo vuole che i difensori (quelli centrali, soprattutto) siano energumeni grandi e grossi, rudi, maleducati e anche un po’ cattivi: devono incutere timore negli attaccanti, fargli paura, per impedire loro di fare il loro mestiere. Le prime partite di questi Europei stanno confermando che, più che uno stereotipo, questa è una vera e propria tendenza perché tanti centrali sono effettivamente spaventosi (no, il fatto che poi siano tali anche alcune delle loro prestazioni non è direttamente correlato, purtroppo per i lombrosiani del pallone). Li conoscevamo tutti anche prima, è vero, ma vederli esibirsi tutti insieme nel giro di poche ore è un’esperienza diversa dal solito… Pure un filo traumatica, per la verità.
Che dire, per esempio, di uno dei cattivi per antonomasia, il rude Martin Škrtel? Capitano torreggiante della sua Slovacchia, il giocatore del Liverpool non si è distinto granché in positivo nella sfida contro il Galles (eufemismo), facendosi come al solito notare per la sua elastica interpretazione del regolamento, vissuto dal diversamente tricotico slovacco più come un’utile indicazione di massima che non un insieme di norme stringenti da non trasgredire.
Una personcina a modo, l’esperto Martin, dall’animo delicato e con la passione per le sportellate impunite in piena area di rigore, un uomo che cerca costantemente la sua autorealizzazione attraverso reiterati tentativi di scotennamento degli avversari e che vive la frustrazione tipica degli incompresi. Le sue sono solo espressioni d’affetto mal recepite dai destinatari e dal pubblico, che non sono in grado di capire la delicatezza della sua vis amatoria perché non abbastanza evoluti da comprendere la poesia di una nuova società basata sugli scontri frontali dolorosi. Quegli screanzati retrogradi.
Ma possiamo parlare anche di Domagoj Vida, l’incubo dei parrucchieri per bene ma anche il sogno delle casalinghe over 50 croate che amano viaggiare selvaggiamente con la fantasia. Un sembiante da personaggio malvagio delle saghe di cui è protagonista il Thor della Marvel a cui corrisponde una certa qual ruvidezza nel tocco di palla, come vuole il manuale del perfetto difensore centrale truce. Il croato, tra l’altro, non si distingue per efferatezze molto al di fuori delle regole perché è un giocatore fondamentalmente corretto e, in dieci anni di carriera, è stato espulso una sola volta e ha rimediato “solo” 56 cartellini gialli.
L’incarnato molto pallido unito ai colori slavati del volto donano tuttavia a Vida un look da sgherro di Dracula in versione cyberpunk, un po’ in stile saga di Underworld, un po’ da film di serie B di fine anni 80. Ciononostante va detto che l’algido Domagoj sembra molto più cattivo di quel che è e forse questo è il segreto del suo successo, con buona pace dell’escluso Lovren – senz’altro più rude ma meno scenografico, anche se le nostre fonti in Dalmazia ci assicurano che non è per questo che Čačić lo ha lasciato a casa.
Come non menzionare, poi, la coppia di mastini della Russia, Sergei Ignashevich e Vasili Berezutski? Come minimo hanno l’aria di essere uomini con cui non si ha mai voglia di litigare, forse perché ricordano da (molto) vicino lo stereotipo tipico del “picchiatore” al soldo della mafia russa e hanno una stazza degna dei migliori camalli del porto di Genova. Due personaggi più a loro agio nel digrignare i denti che non a sorridere: a proposito, avete mai visto sorridere capitan Berezutski? È perfino più inquietante di quando esibisce il suo tipico Sguardo Torvo™ in stile Ivan Drago.
“Oh capitano, mio folle capitano!”
Ignashevich invece è meno spaventoso, a un primissimo impatto. Quel che fa tremare le gambe del centralone del CSKA Mosca è il suo stoicismo, ben espresso dalla fissità di sguardo ed espressione. Un automa, in pratica. La scarsa umanità che il difensore lascia trasparire dal suo stile di gioco è sottilmente insinuante, per chi lo guarda: a ogni inquadratura ci si chiede a che tipo di addestramento sia stato sottoposto l’erculeo Sergej perché la sua capacità di rimanere concentrato e coinvolto nel suo contesto è sconvolgente. La spiegazione più logica è che si tratta di un cyborg programmato trent’anni fa dal Cremlino per riconquistare da solo la Cecenia senza il dispiegamento di forze ulteriori. Alla fine però non l’hanno impiegato nelle situazioni di conflitto ed è stato riciclato come calciatore.
Anche noi italiani abbiamo qualche capro espiatorio da offrire in sacrificio: Giorgio Chiellini da anni firma le partite di calcio che disputa con un buon numero di interventi ai limiti del regolamento (e non sempre dentro), i quali gli hanno guadagnato la fama da cattivo che lo precede. Quasi sempre efficace e più spesso ancora scoordinato e rozzo, il difensore juventino è l’emblema del difensore sgraziato, tanto a livello di estetica delle movenze in generale, quanto in senso più strettamente calcistico: il centrale toscano è tutto fuorché elegante quando è in possesso di palla. Ecco, se si dovesse chiedere a un qualunque uomo della strada italico chi gli viene in mente dicendo le parole “difensore centrale spaventoso”, molto probabilmente la risposta sarebbe: “Chiellini”.
Molto più bello da vedere sul campo da calcio è invece il compagno di squadra Leonardo Bonucci, che rientra nella categoria dei giocatori che incutono terrore per altri motivi, più che altro d’immagine: come si fa a non essere spaventati dalla retorica machista dal retrogusto vagamente nietzchano di cui si nutre il centrale bianconero? O dalle stranezze che lo hanno circondato negli ultimi anni tipo l’aglio da masticare o le esultanze costantemente sguaiate e al limite dell’offensivo? Bonucci è francamente inquietante, non c’è santo che tenga. Poi si può apprezzare o disprezzare la sua alterità rispetto alla media dei suoi colleghi ma la sua figura non è per niente rassicurante. Quando rilascia interviste, poi, non ne parliamo nemmeno.
Infine non si può non citare Sergio Ramos, che qualche anno fa ha deciso di virare da uno stile tendente all’apache in cerca di scalpi verso un look più hipster con un certo qual compiacimento merosexual che però non ha inciso sull’anima aggressiva che si nasconde (neanche troppo) sotto la doppia fascia di capitano del Real Madrid e della selezione spagnola. Ha la fama del difensore coi piedi buoni ed è meritata per come gestisce il pallone e per come imbecca i compagni dalle retrovie ma resta fondamentalmente un centrale agonisticamente crudele, sempre invasato da una furia competitiva che è un po’ la sua croce e delizia: è la caratteristica che gli consente sia l’esercizio a comando di una prepotenza fisica clamorosa, sia l’aggressività necessaria a mantenere alti i giri del motore ma, allo stesso modo, la sua stessa foga lo porta ad avere distrazioni superficiali a cui spesso cerca di porre rimedio con interventi degni di un ergastolano di Alcatraz. Cionondimeno, Ramos rientra a pieno titolo tra i “difensori spaventosi”, tanto per bravura quanto per l’irruenza incurante che si trascina dietro da sempre: il timore di venire calpestati quando si viene marcati da lui è totalmente giustificato in ogni occasione.
“Ci vediamo laggiù, dove lo stile da mohicano impazzito si fonde con la metrosessualità”
Gli altri Highlights:
Francia 2016 – Highlights: (chiediamo scusa a) David Guetta