Se domenica il Pescara aveva messo un piede in serie A battendo il Trapani per 2-0, ieri ha messo l’altro: con un pareggio per 1-1, e dovendo soffrire ben più di quanto il risultato non dica: sotto 1-0 dopo soli 5 minuti, il pareggio arriva a inizio seconda frazione, grazie a una staffilata di Verre da 40 metri.
Sale il Pescara, quindi: per la sesta volta nella storia dell’unica compagine abruzzese mai arrivata in Serie A – e dalla quale è poi stata regolarmente rimbalzata, tranne che nella stagione 1987-8. Era un calcio radicalmente diverso: solo due retrocessioni per le sole 16 squadre al via, il programma era l’allargamento a 18 (con quattro retrocessioni) per la stagione successiva. In panca sedeva Giovanni Galeone, ma la salvezza arrivò solo grazie alla penalizzazione dell’Empoli. Altri tempi.
Di bel gioco, a quelle latitudini, ne è passato: dal calcio-champagne di Galeone in poi, tra panchina e campo abbiamo visto muovere i primi passi ai vari De Sanctis e Di Francesco, anche se la nidiata che tutti ricordano più facilmente è quella di quattro anni fa. Pensatela come volete, su Zdeněk Zeman; ma sul trio Verratti-Insigne-Immobile si costruisce una buona impalcatura per la nazionale del prossimo decennio. E all’Adriatico si sono divertiti eccome.
Meno divertente è stata ieri a Trapani. Una battaglia che lascia 8 ammoniti e un espulso, ma che, soprattutto, ha mostrato un lato dolceamaro. Il lato dolce è quello di chi vince: a parte quei due-tre elementi di esperienza (Campagnaro, Memushaj, Cocco), a vedere la Serie A è un gruppo giovane, capace anche di rilanciare qualche prospetto che non ha mantenuto le promesse.
Penso soprattutto a due nomi, e il primo è Vincenzo Fiorillo: di proprietà della Juventus, in troppo giovane età già indicato come nuovo Buffon (con tutto ciò che ne segue), e da allora condannato a ritagliarsi spazi ogni anno in una squadra diversa. Il secondo, ovviamente, è quel Lapadula da 30 gol in 44 partite, e già sul taccuino del Napoli, ma anche del Leicester.
Agli ordini di mister Oddo (per non dimenticare) poi c’è un gruppo giovane, cresciuto negli anni, cui mi sento affezionato: un blocco di ex giallorossi (Crescenzi, Verre, Caprari, lo stesso Verde). Non è un fatto personale, ma una constatazione: investire nelle giovanili (e quindi investire nei giovani) rende. In tutti i sensi: e questa promozione va a merito di chi su di loro ha lavorato. Così come va al Pescara stesso, capace di affidarsi al 19enne Vitturini, cresciuto in casa come Verratti, e già conteso da Napoli, Inter e Sassuolo (e si vocifera del PSG).
Si potrebbe dire molto (e si potrebbe dire meglio), della promozione del Pescara: ma, perdonatemi, sarebbe piuttosto semplice. Più difficile guardare la delusione degli sconfitti: una tifoseria che lungo tutto il recupero del secondo tempo ha applaudito una stagione sopra le attese, e un allenatore che si è lasciato andare a una (apparente) debolezza.
Ho “conosciuto” Cosmi dalle mie parti: prima di prendere il volo per Perugia e farsi conoscere (e imitare), si è fatto le ossa ad Arezzo. Era uguale a oggi: ruspante, grintoso, genuino. Stratega sì, ma trasparente: così come lo vedi. E mi ha fatto una grande tenerezza, ieri sera, vederlo voltare le spalle allo stadio, sedersi in panchina, e cominciare a piangere.
La tensione, lo scarico dei nervi, si dirà. La percezione di avere perso qualcosa, di avere gettato al vento un’opportunità. La sensazione che il momento sia sfuggito. E nel momento della delusione, nel momento in cui ci si sente più soli, l’abbraccio di un amico che avrebbe ben diritto di festeggiare con i suoi; un campione del mondo che viene a consolarti. Il capitolo più bello della storia, alla fine, è questo. E permette a tutti, anche a chi ha appena preso un rovescio, di sperare sempre nel lieto fine.