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Il Gran Premio del Canada nella storia: la partenza più pazza del mondo

La settima tappa del Mondiale prevede lo sbarco del Circus in Canada, ormai divenuto un appuntamento abituale per gli appassionati di Formula 1. L’esordio di una competizione motoristica in terra canadese avvenne a inizio anni ‘60, sul circuito di Mosport Park, nella regione dell’Ontario, ma fu solo a partire dal 1967 che la regina dei motori decise di includere la nazione nordamericana nel proprio calendario.

Nel 1968 e nel 1970 fu Mont-Tremblant, nei pressi di Sainte-Jovite, in Québec, a ospitare il Mondiale, ma fu nel 1978 che il Gran Premio del Canada trovò una sua sede stabile a Montréal, sull’Isola di Notre-Dame, nell’autodromo oggi dedicato a Gilles Villeneuve. Proprio il pilota canadese, scomparso nel 1982 e additato a inizio carriera come uno “sfasciacarrozze”, avrebbe forse sorriso se avesse potuto assistere alla gara del 1998, che registrò l’arrivo di solo una decina di monoposto, al termine di una vera ecatombe di vetture.

Alla vigilia la McLaren, che avrebbe infine conquistato l’alloro mondiale con Mika Häkkinen, appariva come una corazzata quasi invincibile. La Ferrari, vincitrice in Argentina meno di due mesi prima, puntava tutto sul suo alfiere Michael Schumacher, confidando nel suo talento per provare a colmare parte dell’inferiorità tecnica rispetto ai rivali. Le qualifiche premiarono però le Frecce d’Argento, con David Coulthard e il finlandese nelle prime posizioni, seguite dal campione tedesco e da Giancarlo Fisichella sulla Benetton. La partenza sconvolse l’ordine creatosi in prova, a partire dal mancato avvio della Jordan di Ralf Schumacher, che obbligò gli altri piloti a improvvise manovre per evitare una collisione, fino al tamponamento multiplo, al primo giro, fra Alex Wurtz, jean Alesi, Jarno Trulli e Johnny Herbert.

Gli organizzatori optarono per la sospensione temporanea, ma la seconda partenza si aprì con un colpo di scena: un guasto alla McLaren costrinse infatti Häkkinen a un prematuro e inaspettato ritiro. Al contrario di quanto avvenuto alcuni minuti prima con Ralf Schumacher, la monoposto ferma in pista provocò una serie di incidenti e testacoda che videro coinvolti il fratello del ferrarista, Eddie Irvine toccato dalla Arrows di Sato che innescò una carambola con la Prost di Trulli, la Benetton di Wurz e la Sauber di Alesi. La direzione scelse questa volta di non interrompere la competizione, ma di utilizzare il regime di Safety-Car.

Alla guida del gruppo spiccava l’altra McLaren di David Coulthard, tallonato da Schumacher e Fisichella, ma la Safety-Car dovette presto ripresentarsi, a causa di una nuova uscita di pista, da parte della Arrows di Pedro Paulo Diniz. Al momento di ripartire, la monoposto dello scozzese manifestò, come quella del compagno poco prima, un inconveniente tecnico: la rottura dell’acceleratore. Con l’abbandono dei rivali, Michael Schumacher assaporò il profumo della vittoria e, per ottenerla, iniziò a girare su tempi da qualifica per distanziare Fisichella, al secondo posto.  Concentrato sull’obiettivo, all’uscita dai box dopo il rifornimento, si accorse troppo tardi della Williams di Frenzen e, impossibilitato a modificare la sua traiettoria, la urtò gettandola oltre l’asfalto e i cordoli.

I tifosi canadesi, che non avevano dimenticato la manovra effettuata l’anno prima a Jerez de la Frontera contro il loro idolo Jacques Villeneuve, sottolinerono questa manovra con fischi rabbiosi. I commissari punirono il ferrarista con uno stop and go che permise a Fisichella di agguantare la testa della corsa. Schumacher continuò a mantenere il ritmo dei giri precedenti allo scontro con Frenzen e, grazie a un pit stop perfetto, riguadagnò la prima posizione. L’italiano, autore di una prova volitiva e coraggiosa, dovette accontentarsi del secondo posto, mentre sul terzo gradino del podio si piazzò Eddie Irvine, sull’altra Ferrari.