Editoriali

Lasciamoli lavorare

Le convocazioni operate dal commissario tecnico Antonio Conte, in vista dell’imminente Europeo, hanno fatto e stanno facendo discutere. Anche in passato situazioni simili sono state vissute dai predecessori del CT salentino, rèi di aver lasciato a casa questo o quell’altro campione. Le critiche, feroci, che si stanno abbattendo sull’ex allenatore della Juventus partono dall’assunto (peraltro condivisibile) di aver selezionato calciatori tecnicamente meno validi di alcuni altri lasciati a casa (e reduci da stagioni maggiormente positive).

Bene… tale assunto, come detto, è certamente condivisibile, ma è forse il caso di soffermarsi sul profilo “costi-benefici” delle convocazioni e della funzionalità dei calciatori in un progetto tecnico e tattico organizzato da Conte. I nomi più ricorrenti sono quelli di Pavoletti, Jorginho, Acerbi, fino ad arrivare a Gabbiadini, Giovinco od Okaka, passando per Pirlo, che merita tuttavia un discorso a parte.

Come detto, quasi tutti questi calciatori hanno vissuto delle annate positive, dimostrando qualità forse superiori ad alcuni membri della definitiva spedizione azzurra a Francia 2016. Il quesito da porsi è, però, il seguente: la differenza di qualità tecniche e/o di prestazioni degli esclusi, rispetto ad alcuni convocati, è così significativa da più che compensare la funzionalità che, per Conte e il suo sistema di gioco, hanno i selezionati?

Secondo il modesto parere di chi scrive, la risposta è no. No, perché chi è rimasto fuori, sebbene abbia qualità indiscutibili, non è enormemente più forte di chi è dentro (eccezion fatta per Pirlo, ma, sul fuoriclasse ex Juventus, fulcro del gioco di Conte sia in bianconero che in azzurro, ci sentiamo di appoggiare la scelta del CT: se è stato proprio lui a non chiamarlo, significa che il crepuscolo calcistico del regista bresciano è ormai veramente giunto e irreversibile).

No, perché Conte ha dimostrato di essere un selezionatore sui generis, molto più vicino ad Arrigo Sacchi, come mentalità e gestione del gruppo, rispetto a tutti gli altri allenatori della Nazionale della recente storia azzurra. Il tecnico salentino ha dimostrato di voler (e saper) abbinare un approccio da allenatore di club a quello classico di semplice gestore delle risorse. Lui esige che la propria squadra abbia un’identità definita sotto il profilo tattico, e le convocazioni sono una diretta conseguenza dell’affinità dei calciatori con il suo assetto, nonché della condizione fisica degli stessi, aspetto fondamentale per il calcio proposto da Conte.

Infine, appare opportuno suggerire pazienza e fornire credito (aggiungo, doveroso) al CT, in virtù della sua esperienza recente: partendo dal periodo juventino, in cui ha portato una squadra reduce da due settimi posti in campionato a vincere tre Scudetti di seguito (il primo con un organico che non partiva certo con i favori del pronostico), fino ad arrivare al periodo azzurro, nel quale nelle 10 gare ufficiali disputate (sebbene contro avversari non irresistibili) ha collezionato 7 vittorie e 3 pareggi.

Francamente le critiche preventive, sebbene legittime, sembrano eccessive rispetto al curriculum del CT e all’effettivo materiale tecnico a sua disposizione, nonché all’idea di calcio che Conte vuol proporre. Se la squadra sarà capace di seguirlo, la Nazionale Italiana potrà essere una delle sorprese, in positivo, di questa edizione dei Campionati Europei. Con la speranza che il carro dei vincitori possa risultare, alla fine, sovraffollato come spesso accade in questi casi.

Published by
Paolo Guaragna