La dolce primavera di Roma
Tante, troppe cose in quest’ultimo periodo. Dalle Finals di NBA alla Copa América, iniziata l’altro ieri, dalle finali scudetto della lega nazionale di basket agli imminenti Europei di pallone. Tuttavia uno spazietto se l’è ritagliato anche il vituperato campionato primavera italiano, un tempo gloriosa vetrina dei campioni del futuro e oggi (possiamo azzardare) ingombrante vestigia di un passato anacronistico.
Nonostante tutti i suoi limiti, comunque, quest’anno il torneo riservato alle principali formazioni giovanili d’Italia ha detto una verità incontrovertibile, suggellando con l’esito finale quella che è una realtà concreta: l’AS Roma ha uno dei migliori settori giovanili del Paese, se non il migliore in assoluto, e non è un caso che abbiano vinto i ragazzi allenati da Alberto De Rossi, autentica istituzione del calcio giovanile giallorosso, perché il talento a disposizione dei Lupacchiotti è tanto.
Dal frizzante Ponce, sicuramente sovradimensionato nel giocare ancora “coi ragazzi” ma sfortunatissimo nel rompersi i legamenti a novembre salvo poi diventare l’autore del gol che ha portato ai rigori la finale di ieri (nonché uno degli acquisti più recenti dei capitolini), al fantasista Di Livio junior, dal prolifico difensore Marchizza al talentuoso centrocampista albanese Ndoj, passando per i due bomber Tumminello e Soleri, decisamente degni di interesse – e se ne potrebbero anche citare altri.
Del resto, la primavera giallorossa ha sempre regalato qualche gemma, nel corso degli ultimi venticinque anni, basti pensare non solo (e non tanto) all’ovvio Francesco Totti – un giocatore che passa ogni cinque decenni, probabilmente – ma anche a De Rossi e Florenzi, che vedremo agli Europei tra poco. O a Romagnoli, adesso al Milan ma cresciuto nell’Urbe. Oltre a loro, praticamente già affermati, bisogna anche considerare i prospetti in rampa di lancio, come quell’Umar Sadiq: praticamente un’epifania da due gol nelle prime sei presenze in Serie A. Arrivando da giovanotto semisconosciuto (tranne che per gli addetti ai lavori che ben conoscevano il suo feeling col gol). Oppure Daniele Verde, per citarne un altro che, pure, attualmente si è un po’ perso dopo un anno complesso tra Frosinone e Pescara ma presentatosi col botto in Serie A la scorsa stagione – sperando ovviamente che si riprenda.
Dunque, si può dire che alla Roma è riuscita la quadratura del cerchio a cui qualunque formazione Under 19 del nostro Paese dovrebbe aspirare: formare in maniera eccellente i prospetti e i talenti a disposizione, facendoli crescere nel modo migliore. Poi, ovviamente, la vittoria di un titolo non più fondamentale ma pur sempre indicativo è una dolcissima ciliegina sulla torta dei Lupacchiotti, capaci di coniugare i buoni esiti del loro sviluppo tecnico con la creazione di un solido spirito di squadra, arrivando così alla vittoria.
Per una volta, insomma, possiamo dire che il nostro campionato Primavera ha detto la verità perché ha vinto la formazione che, prima di tutto, ha lavorato meglio sul materiale umano a disposizione. Che poi dovrebbe essere la priorità di ogni formazione giovanile: i trofei di questo livello possono essere una cartina tornasole della qualità del lavoro svolto e non l’obiettivo finale. Poi, se si vince anche, non fa mica schifo.