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La boxe piange Muhammad Ali. Se ne va il più grande di tutti

Si è spento questa notte all’età di 74 anni l’ex pugile statunitense Muhammad Ali. Dopo il ricovero del 2 giugno, le sue condizioni si sono purtroppo aggravate per via del morbo di Parkinson di cui soffriva da tempo; questa notte la sua famiglia ha dato il triste annuncio del decesso attraverso il profilo ufficiale di Twitter.

La sua storia sportiva inizia nel 1960 ai giochi olimpici di Roma sotto il nome di Cassius Clay, quando conquista il titolo olimpico nella categoria mediomassimi. Da lì il passaggio ai professionisti, che lo porta nel 1964 a battersi contro Sonny Liston, vincendo a sorpresa la corona dei pesi massimi. Con quell’incontro nasce la leggenda sportiva di Muhammad Ali e la sua conversione all’Islam. Con Liston ci sarà un secondo capitolo, una rivincita qualche mese dopo, che segna ancora una vittoria per Alì, ma stavolta sotto i sospetti di una combine. Rimarrà l’icona del campione che invita Liston ad alzarsi per un colpo che rimarrà “fantasma” per gli appassionati di pugilato.

Il rifiuto alle armi e alla guerra in Vietnam in nome di uno spirito pacifico lo costringono a un allontanamento forzato dal ring. La sua carriera viene data ormai per finita e invece Alì riesce nel 1973 a rinascere e lo fa ancora una volta contro il favore dei pronostici, come era abituato. La prima parte degli anni settanta sarà quella degli incontri con Frazier e Foreman, pagine indimenticabili nella storia della nobile arte. Resterà sul ring fino al dicembre del 1981.

Dopo il suo ritiro seguiranno una serie di apparizioni pubbliche tra cui quella indimenticabile di Atlanta 1996, quando viene designato come ultimo tedoforo. La torcia olimpica in mano, la tuta e quel corpo segnato dalla malattia regalano un brivido e una lacrima agli spettatori.