Poteva essere una bellissima storia
Ricardo Izecson dos Santos Leite, ovvero Kaká, non giocò mai, durante la sua carriera di calciatore, una Copa América. È quello che troverete scritto sugli almanacchi di calcio tra, purtroppo, non molti anni. Un nuovo infortunio muscolare ha impedito al Pallone d’oro 2007 di partecipare alla manifestazione d’oltreoceano di questa estate. Il CT del Brasile Carlos Dunga aveva deciso di convocare Kaká dopo aver perso per le stesse ragioni Douglas Costa ma la sfortuna c’ha messo lo zampino. Al suo posto, salvo imprevisti, ci sarà Ganso.
Peccato. In questo Brasile l’ex Milan e Real ci sarebbe stato proprio bene. Era di gran lunga il nome più appetitoso di tutti i ventitré verdeoro e, forse, quello con maggior classe. Sì, perché senza Thiago Silva, Neymar, Firmino, David Luiz, Marcelo e Oscar qualcuno come Kaká serve sempre. Io, che dal mio comodo divano passerò qualche notte a guardarmi la Copa, un beniamino da tifare lo volevo. Di ‘sti brasiliani non ne sento nemmeno uno “mio”. Dove sono finiti quei funamboli magrissimi e dinoccolati che facevano salire il nervoso a tutti i difensori cacciatori di taglie?
Le scelte del CT hanno formato una squadra con giocatori di grande dinamismo ed esplosività. “Organizzazione ed Equilibrio” si sostituiscono a “Ordem e Progresso” con un risultato che va controcorrente al ricordo comune che abbiamo dei Pentacampeón. Non che manchi la qualità a questa Seleção, ovvio, ma quell’imprevedibilità, che da sempre contraddistingue gli ultimi trenta metri di gioco del Brasile, sembra scarseggiare. Almeno sulla carta.
Willian, Coutinho e Renato Augusto non sono falegnami e il pallone lo trattano con grande rispetto. Però sono gli unici. Cortesemente, si siedono in panchina calciatori come Ganso o Lucas Lima, insieme a Casemiro o Elias. Se non li avete mai sentiti nominare tranquilli, non sarete gli unici. Ha rischiato di esserci pure Ricardo Oliveira. Quello del Milan. Tornato alla ribalta con 36 primavere sulle spalle era riuscito a strappare un biglietto per gli Stati Uniti ma sfortunatamente (o fortunatamente, decidete voi) salterà la Copa América per infortunio.
Insomma, non il solito Brasile schiacciasassi che dai già in finale addirittura un mese prima della competizione. Che sia il torneo parrocchiale o un Mondiale. Ecco perché, in un gruppo del genere, uno come Kaká poteva essere la ciliegina sulla torta. Quella voce fuori dal coro che non stona. Avresti letto l’intera lista e arrivato a Ricardino avresti pensato: “No dai grande, c’è Kaká”. Mancava alla Seleção, in una competizione ufficiale, addirittura dal 2010 e aveva dichiarato che questa convocazione era il punto di arrivo di un’intera carriera. Una storia che poteva essere bellissima, soprattutto dopo i numerosi infortuni che lo hanno tormentato dopo essere diventato il più forte di tutti.
Un dispiacere. Non che si debba per forza simpatizzare per loro, ma chi ama questo sport certe cose le respira. È un po’ come quando l’ultimo diez apparso sulla faccia della Terra, El Mudo Riquelme, saltò per infortunio il primo Superclásico de las Américas, nel 2011, che coincideva con il ritorno in Nazionale. Sono quelle favole incompiute che rendono il boccone amaro. Tra l’altro, classiche del Sud America che, nella sua storia, ha dato parecchi spunti per racconti di puro romanticismo calcistico.
E poi, oltre il danno la beffa. L’8 giugno il Brasile affronterà Haiti al Citrus Bowl, lo stadio che ospita le partite dell’Orlando City, la squadra di Kaká. Era già tutto scritto. Rientro in Nazionale e gol in casa propria. Destino infame. Ma forse è meglio così. Sarebbe stata una storia troppo bella per essere raccontata.