Editoriali

Magari è una tattica (chissà)

Non è un’Italia che piace a tutti, quella che fra qualche giorno inizierà l’avventura a Euro 2016. Dalle scelte impopolari di Conte, ai fuoripista di Tavecchio, agli infortuni che si son messi, già, anche loro di mezzo (qulli di Verratti e Marchisio su tutti), questa Nazionale no: proprio non convince.

Ci mancherebbe, nessuno pensa che sia facile organizzare il tutto, proporre una rosa compatta, allenarla a dovere, prepararla a sfide ravvicinate e saper trarre il massimo da ogni singolo individuo. Perciò: nessuno dica che il lavoro del commissario tecnico azzurro sia agevole. Certamente, però, Conte è direttamente responsabile del polverone che in questi giorni si è alzato per colpa delle sue scelte, non condivise né comprese dal popolo.

Ricordando, inoltre, che il pallone è bello perché consente a chiunque di costruirsi una propria idea, ed essendo del tutto certi che – Jorginho o Thiago Motta, Bonaventura o Parolo, Immobile o Gabbiadini che siano – ognuno avrebbe avuto sempre e comunque qualcosa da ridire, solleviamo un quesito, a questo punto lecito, maturato dopo anni di silenziosa osservazione di come la nostra nazionale abbia perso popolarità, nel corso del tempo: che cosa serve a questa Italia per tornare affascinante?

Perché è questo il punto, nonché il problema. È ovvio che l’azzurro abbia perso fascino, per colpa di una gestione grossolana del “sistema calcio”, di persone al potere che non fanno di certo il bene di tale sistema, di commissari tecnici divenuti “ex” ancor prima di iniziare l’avventura per cui sono (lautamente) pagati, e di giocatori purtroppo non all’altezza della situazione (questo per colpa, però, anche del normale ricambio generazionale: non tutte le ciambelle escono col buco. Non a ogni infornata, perlomeno).

In conclusione, si può dire che tra infortuni, giocatori inadeguati, Conte che saluterà, Tavecchio che chissà quando lascerà la poltrona, e tifosi insoddisfatti, questo Europeo parte con gli azzurri che hanno… tutto da guadagnare. Lanciando un ipotetico sondaggio, sembra scontato che in pochissimi punterebbero davvero un centesimo su questa Italia. La nostra nazionale, ora come ora, non dà certzze, ma attenzione: per questo, non ha nulla da perdere, e chissà se Conte, sapendo già da tempo di non possedere un organico di talento, non punti proprio su questo. Della serie: “di qualità ce n’è poca, a questo punto azzardiamo”. Con scelte un po’ bizzarre, un po’ provocatorie.

Azzardo sarà, allora, a quanto pare. Euro2016 vedrà partecipare un’Italia diversa, anomala, operaia; costruita dal nostro ct raschiando il fondo del barile, nella speranza di trovare gli ultimissimi residui di sostanza e qualità di un calcio, quello italiano, che ha un grandissimo bisogno di donare nuovo lustro al suo blasone.

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Alex Milone