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Verso Francia 2016 – Allenatori “vincenti”: Rinus Michels (Olanda 1988)

 

Se ci chiedessero chi sia stato il calciatore più forte di tutti i tempi, ben presto la cerchia si restringerebbe intorno ai soliti nomi: Maradona o Pelé, forse qualcuno azzarderebbe Messi, un manipolo di sostenitori si raccoglierebbe intorno a Cruijff o a Di Stefano, nomi che a giusto titolo riteniamo leggende del calcio. Spostando il discorso sugli allenatori, il discorso si complicherebbe, ma certamente nel ristretto numero dei candidati, un posto spetterebbe a Rinus Michels.

Copernico del calcio, Michels è storicamente ritenuto il padre nobile del calcio totale, l’uomo che rivoluzionò l’approccio al campo, portando il verbo della zona lì dove l’unica scrittura preesistente parlava di gioco a uomo. Naturalmente a monte e a valle di Michels possono individuarsi dei predecessori e degli epigoni, ma certamente c’è del vero nell’ascrivere questo ruolo messianico all’allenatore dell’Arancia Meccanica. Dopo Olanda-Uruguay dei Mondiali del ’74, il calcio non fu più lo stesso.

Certo, Michels era già noto in Europa grazie ai successi dell’Ajax, il suo gioco era già stato rivelato a livello di club, fino all’apice della Coppa dei Campioni del 1971, ma fu ai Mondiali tedeschi del ’74 che il mondo intero assistette all’epifania orange. Dalla partita contro l’Uruguay fino al celebre primo minuto della finale contro la Germania, l’Olanda di Michels sembrò inarrestabile. Finché i cattivoni tedeschi non rovinarono il sogno rivoluzionario, restaurando l’ordine costituito.

Seguirono anni di strade separate. Michels tornò ad allenare l’Ajax ma poi prese la strada per la Catalogna prima e l’America poi, tornando in Europa per sedere sulla panchina del Colonia. L’Olanda invece raggiunse un’altra finale mondiale nel ’78, perdendo stavolta contro l’Argentina, partecipò all’Europeo dell’80 senza incantare, fino poi a eclissarsi, senza nemmeno qualificarsi ai mondiali di Spagna ’82 e Messico ’86, nè agli Europei francesi dell’84.

Ma nel 1988 Michels e l’Olanda tornarono a incontrarsi, in occasione dell’Europeo tedesco. I tempi erano cambiati e i giocatori pure. Quattordici anni dopo Cruijff e Rep, Neeskens e Krol, i nuovi fenomeni dell’Olanda si chiamavano Rijkaard e Gullit, giocatori con origini coloniali, Koeman, Vanenburg e Marco Van Basten. In particolare Ruud Gullit, stella del Milan, fino a quel momento aveva rappresentato la stella assoluta della squadra, grazie alla capacità di unire forza fisica e classe, pressing debordante e senso del gol.

E tuttavia l’inizio della manifestazione non avvenne sotto i migliori auspici. Opposta all’URSS del colonnello Lobanovsky, dove spiccavano le stelle di Belanov e Protasov, l’Olanda cedette 1-0. E fu proprio l’URSS a mostrare il gioco più veloce e brillante, al punto che, in alcune azioni caratterizzate da fulminei campi di campo, perfino le regie televisive europee capitò che persero di vista il pallone.

La qualificazione nel girone come seconda, tuttavia avvenne senza troppe complicazioni, grazie alle vittorie su Irlanda e Inghilterra. In particolare in quest’ultima partita, una tripletta di Marco Van Basten chiarì a tutti chi sarebbe stata la nuova stella degli orange. Le semifinali videro da un lato del tabellone l’URSS opposta agli azzurri, con la netta vittoria per 2-0 dei sovietici, dall’altra la storica rivincita tra Germania Ovest e Olanda.

Questa volta il fato rivoltò le carte a favore di Michels. Furono i tedeschi a passare in vantaggio, al 55’ con rete di Matthaus e furono invece gli olandesi a completare una rimonta, prima con Koeman al 74’, poi con Van Basten a due minuti dal novantesimo.

La finale ripropose l’incontro d’apertura, tra URSS e Olanda. Ma questa volta qualcosa era cambiato. Mentre l’URSS per quanto ancora brillante sembrava aver smarrito quel piglio travolgente dell’esordio, l’Olanda di Michels era venuta fuori con il gioco e con i suoi campioni. Forse con minor capacità di incantare, rispetto a quella del ’74, ma con maggior concretezza, concentrazione e forza fisica. A Monaco di Baviera, fu Ruud Gullit a portare in vantaggio l’Olanda, al 34’. Poi, al 54’ Van Basten suggellò il 2-0, raccogliendo un cross di Muhren da posizione decentrata sul versante destro del campo, e insaccando con un diagonale al volo uno dei più bei gol della storia del calcio. Un rigore sbagliato da Belanov non spostò il tabellino dal risultato finale.

Questa volta in terra di Germania, Michels e l’Olanda ottennero l’atteso successo. L’unico, ad oggi, nella storia degli Orange.