Editoriali

Rosso Ferrari: fin qui, un bicchiere pieno a metà

L’insidia è sempre dietro l’angolo, a Montecarlo: pista di grande fascino e, da almeno dieci anni in qua, di noia mortale. Santa Devota, Grand Hotel e dopo il tunnel gli unici punti per sorpassare… se l’avversario sbaglia, o se ha le gomme morte, o se ha voglia di godersi il panorama. Per il resto, più che di Formula 1 si deve parlare di trenini, ed è decisamente meno divertente.

Quindi un po’ di spettacolo lo danno notizie deliranti (Wehrlein pronto a sostituire Hamilton: come se Wolff volesse perdere il titolo costruttori) e lo stile del circuito monegasco. Pista vera, lontana anni luce dai moderni tilkodromi, piena di curve lente e rettilinei molto corti (necessario un carico aerodinamico alto), e soprattutto niente vie di fuga: si bacia il guard-rail se si è fortunati, e se invece si è sfortunati ci si spetascia contro.

Conta il pilota, conta il telaio: la Red Bull di nuovo in palla ha più di un motivo per essere soddisfatta. Anzitutto, il telaio: in Austria hanno lavorato su quattro disegni diversi, la scorsa estate, quando ancora non c’erano notizie sul nuovo motore. E ora il Renault (ribattezzato Tag Heuer) sta dando nuovi segnali di vita, grazie anche al lavoro di Mario Illien. Infine, la pressione delle gomme (Mercedes, Red Bull e Toro Rosso sembrano in grado di abbassarla in corso d’opera, aumentando l’impronta a terra e quindi l’aderenza).

Ma veniamo al punto: in casa Ferrari le acque non sono tranquille. Si è iniziato a parlare di sostituzione per Maurizio Arrivabene, già ci si affanna a sostituire Räikkönen (dimenticandosi che al momento è secondo in classifica), la tanto attesa vittoria non arriva. Beh, un po’ di delusione è concepibile, ma occorre anche fare qualche distinguo.

Anzitutto James Allison: a dirigere in pista adesso c’è Jock Clear, ma è un fatto che il direttore tecnico della rossa abbia dovuto mollare la presa per gravi motivi familiari. La SF16-H è una sua creatura, e la sua assenza non è stata una colpa. Poi le aspettative: se ci si presenta con l’idea di vincere già dall’Australia (con lo stesso regolamento dell’anno scorso, e le Mercedes di un altro pianeta), è normale che il bilancio sia in… rosso. Ma il problema è nelle aspettative eccessive.

Poi, non lo nego, la volta che le Mercedes si sono autoescluse ha vinto una Red Bull, e questo è un campanello d’allarme. Come un anno fa, le novità tecniche ci sono, ma non funzionano (o si guastano). E quando si dice che la concorrenza avanza, non è solo la Ferrari a fare passi avanti. La squadra c’è, la prestazione non ancora, i piloti sono sul pezzo (Räikkönen al terzo podio in cinque gare… ed erano stati 3 nelle precedenti 38).

L’anno scorso, la vittoria era arrivata sin troppo presto, già in Malesia (gara autunnale, quest’anno); ma il pacchetto macchina-motore resta più forte di un anno fa, e con un potenziale ancora da far fruttare. Cogliendo anche le occasioni perse, o quelle che lo sembrano (il doppio podio in Spagna, con vetture tutt’altro che perfette, è comunque da incorniciare). A Monaco si spera in un finesettimana senza problemi, perché lì occorre il giro perfetto: ogni curva, ogni sobbalzo, non lascia spazio per la minima pecca. E se poi Verstappen jr. ci mettesse di nuovo lo zampino, improvvisamente la Formula 1 tornerebbe comunque a essere interessante.

Poscritto. La famiglia di Jules Bianchi sarebbe pronta a citare in giudizio FIA, FOM e Marussia per l’incidente occorso al pilota. Leggo parole, sento voci, ma non credo sia mai giusto giudicare una famiglia che cerca una verità nel momento in cui perde un gioiello. Per questo preferiamo non parlarne, ma citare la nascita della Jules Bianchi Society, una fondazione che si propone di aiutare nuovi piloti. Un altro modo per creare una famiglia.

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Pietro Luigi Borgia