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Il Lugano è salvo: grazie, e nonostante, Zeman

Siamo arrivati alla fine della Raiffeisen Super League svizzera, un campionato unico nel suo genere in Europa occidentale (la formula prevede quattro incontri tra le squadre, anziché i normali due, per un totale di 36 giornate), lunghissimo (al netto della sosta invernale, si è cominciato a giocare al 19 di luglio) e, tutto sommato, emozionante, anche se non nella lotta per il primo posto (il dominio del Basilea è stato davvero assoluto).

Quest’anno, il massimo torneo elvetico di calcio ha avuto motivi di interesse anche per noi italiani, vista la presenza, sulla panchina del Lugano, di Zdeněk Zeman. Possiamo, ora, fare finalmente un bilancio dell’esperienza svizzera del carismatico allenatore: la finale di Coppa, infatti, per sua natura poco aggiungerà o toglierà a quanto fatto, in Ticino, dal boemo.

Crediamo sia necessaria una premessa: lo Zeman italiano, e quello svizzero, sono differenti. E volendo fare una critica al tecnico, pensiamo che la più importante, per noi, sia relativa a come si sia rapportato alla realtà elvetica. L’ex allenatore di Roma e Lazio ha sempre definito la Svizzera (il Cantone Ticino in particolare) “Un’Italia più ordinata e pulita.” No: la Svizzera, è un’altra cosa. La comunanza di lingua non deve trarre in inganno: non scriveremo un trattato antropologico, ma ci limiteremo a ribadire che un ticinese, un grigionese sono, e saranno sempre, compatrioti di ginevrini e zurighesi, e mai dei lombardi, per parlare del popolo più vicino come mentalità, dialetto e distanza fisica. Crediamo che ora il boemo abbia compreso la situazione reale; ma, all’inizio, e anche in seguito, alcuni suoi atteggiamenti, nei confronti della squadra e dell’ambiente, hanno lasciato perplessi tifosi, e addetti ai lavori.

Tecnicamente, Zeman non si discute. Non perché faccia vedere il miglior calcio in assoluto, ma perché le sue condizioni non sono sindacabili, come ben sappiamo noi abitanti della Penisola. E quindi, nonostante la tradizionale neutralità, anche nel Paese rossocrociato la tifoseria si è divisa in due fazioni: pro e contro il tecnico, cercando di non farsi troppo coinvolgere, nel giudizio, dalla personale simpatia per una delle grandi squadre di Serie A, presente nel cuore di ogni appassionato di calcio ticinese. I detrattori hanno imputato a Zeman uno scarso feeling con il calcio di Super League, la mancanza di umiltà in alcune situazioni (la palla in tribuna, insomma), e alcune uscite con la stampa (dichiarazioni nei confronti di alcuni giocatori) perlomeno improvvide. Tesi sostenuta: con schemi meno sofisticati, ma più concreti, la squadra sarebbe già stata salva da tempo. Salvezza sofferta, e ottenuta, nonostante Zeman.

Al contrario, i sostenitori del boemo hanno preso atto di avere visto, in determinate occasioni (specialmente prima della sosta invernale), una squadra che ha offerto buon calcio. Apprezzata, anche, la crescita di alcuni giovani che hanno fatto bene (citando i più interessanti, Alioski, Anastasios Donis, Čulina, Piccinocchi del Milan, acerbo ma con grandi potenzialità). Le sconfitte? Un male inevitabile, per una squadra inesperta, e con molti elementi tecnicamente non dotati. Tesi sostenuta: la salvezza, oggi, è merito del tecnico che, con i suoi schemi, ha saputo far rendere al meglio giocatori che, in caso contrario, sarebbero stati surclassati senza appello. Salvezza sofferta, ma ottenuta grazie a Zeman.

La nostra analisi parte, invece, da quello che per noi è un dato di fatto: la società aveva in mente qualcosa di diverso. Si pensava che l’entusiasmo per la conquista della Super League, unita all’arrivo di un tecnico prestigioso, avrebbero avvicinato sponsor e investitori al Lugano (cosa che si è verificata solo in piccola parte), consentendo l’ingaggio anche di qualche giocatore più esperto (guardiamo cos’ha fatto Gekas a Sion, per esempio), che avrebbe permesso di fare crescere meglio i giovani, e garantito un migliore rendimento: il torneo è equilibrato (a parte le prime due, inserendo anche lo Young Boys dall’arrivo di Hütter). E la statistica dice che, tra campionato e Coppa, i bianconeri hanno battuto almeno una volta tutte le rivali (tranne il Basilea), e che sono sovente bastate tre vittorie consecutive per portarsi nelle zone nobili della graduatoria. Il Lucerna, in crescendo da marzo, è lì a dimostrarlo.

Investimenti importanti, invece, sulle rive del Ceresio, non se ne sono visti: e quindi, il boemo ha dovuto fare con ciò che aveva nello spogliatoio; non tutto, tra l’altro, in linea con le sue richieste. Fisicamente, la squadra ha sofferto un po’ i metodi di allenamento, durissimi, imposti dal tecnico: soprattutto nel girone di ritorno, è mancata quella freschezza fisica che tutti si aspettavano, e che sarebbe dovuta essere il valore aggiunto. E qua, si ritorna al discorso precedente: il calcio svizzero ha tempi e ritmi differenti da quello italiano. E la frase che Zeman ha pronunciato in alcune occasioni (“Si impara sempre qualcosa”), crediamo andasse proprio in quella direzione.

Una squadra non forte tecnicamente, inesperta e giovane, con pochi chili, soprattutto in mezzo, e con anche qualche problema di tenuta atletica, è a rischio. E, in qualche occasione, il rischio si è trasformato in effettive, pesantissime sconfitte: il trittico Sion-Young Boys-Basilea, con 17 reti subite e una sola segnata, poteva essere davvero mortale. Bravo il tecnico, qua, a far ritrovare morale alla squadra, permettendole di arrivare al risultato di ieri sera, pur senza cambiare approccio di gioco, e rischiando sovente qualcosa, a scapito delle coronarie di tanti tifosi.

Lugano, dunque, salvo: nonostante, e grazie, a Zeman. In attesa della finale di Coppa svizzera di domenica, che potrà regalare addirittura un trofeo, che manca da oltre quattro lustri, alla Società. La vittoria comporterebbe, inoltre, la qualificazione alla fase a gironi di Europa League: al netto di premi ulteriori legati ai risultati, significherebbe incassare circa 2,5 milioni di Franchi (circa 2.256.000 Euro). Insomma, una prospettiva più che interessante, anche per l’avvenire professionale del tecnico che, secondo quanto da lui dichiarato, non ha ancora parlato del proprio futuro con Renzetti. Staremo a vedere, quindi, cosa accadrà.