Gigi e la ciliegina sulla torta
Per una volta, l’abusatissimo slogan “c‘è anche un po’ d’Italia” ha ragion d’essere.
E un po’ d’Italia c’è perché un giocatore, Gigi Datome, è vicinissimo al tetto d’Europa.
Nell’anno in cui Milano ospita – non senza umiliazioni per l’intero movimento calcistico italiano – una finale di Champions League senza italiane (e senza italiane tra le prime 8), è un cestista sardo nato in Veneto a tenere alta la bandiera del Belpaese.
Grazie all’88-77 al Laboral Kutxa nella seconda semifinale, il Fenerbahçe è in finale di Eurolega. Un’edizione del torneo non banale, tra l’altro: l’ultima prima della guerra – già in corso, non senza vittime – tra organismi internazionali, organizzazioni, club e federazioni. In una Final Four simbolo – nella risonanza mediatica – di un basket continentale che ormai ha trovato la sua NBA: diretta in poco meno di 200 paesi, tantissime tv collegate.
Che gli spagnoli avessero le mani sulla partita e che al Fener siano serviti i supplementari dà toni epici a una semifinale giocata, non bastasse, in una Berlino turca come non mai; inutili i 22 punti (con 10 rimbalzi) di Bourousis, come i 19 di Adams. Avremmo voluto la partita non finisse mai.
Circa il Gigi Nazionale, all’epoca dell’esordio in NBA parlai di ciliegina finalmente sulla torta. E la granitica tranquillità con cui il capitano dell’Italia sta a questi livelli – francamente inarrivabili per lo stato attuale del nostro basket, almeno oggi – prova che è stata un’esperienza formativa: non è andata come molti e forse lo stesso giocatore avevano sognato, ma è servita a migliorare un bagaglio tecnico già di altissimo profilo.
Per non parlare del piano caratteriale: la National Basketball Association coi suoi ritmi e la sua organizzazione ti cambia, ti entra dentro, soprattutto se l’hai affrontata con l’approccio giusto.
Olio di gomito, umiltà, voglia di imparare e mettersi in gioco; e dopo, solamente dopo, l’Eurolega al top: contro le migliori squadre al di qua dell’Oceano, in una competizione che alla NBA si sta avvicinando sempre più. Senza superbia ma senza paura.
Ecco perché il viaggio di Gigi, dai tempi in cui in tutti i basket di periferia in Sardegna si raccontava di quel fenomeno degli Allievi della Santa Croce Olbia destinato a grandi cose, passando per le difficoltà a Siena e la rinascita romana – senza dimenticare una Nazionale di cui è anima e bandiera – sino all’America e alla Turchia merita il trionfo: si arrabbieranno i neutrali, il CSKA e Nando de Colo, ma qui si tifa per Gigi.
Per tutto quello che ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà, E per un’Italia che non si arrende e non disdegna, per salire al vertice, di andare via e migliorarsi. In bocca al lupo.