Home » PSV mi piaci tu (parte II)

No, la foto che vedete qui sopra non è un omaggio calcistico e interrazziale all’approvazione del DDL Cirinnà (anche se può sembrarlo). L’immagine, che ritrae il mastino della difesa Bruma e il motorino di centrocampo Guardado è invece un tributo al PSV Eindhoven campione d’Olanda per il secondo anno di fila. Un paio di mesi fa eravamo qui a lodare la compagine di Phillip Cocu per l’egregia figura che i suoi ragazzi stavano facendo in Champions, oggi invece ne celebriamo il titolo maturato domenica scorsa (e magari spingere più di un lettore a guardare con maggiore curiosità cosa accade nelle lande arancioni), un alloro abbastanza imprevisto alla vigilia dell’ultimo atto ma non per questo meno rimarchevole. Anzi.

Il primissimo merito del tecnico nativo proprio di Eindhoven (ma mai passato per le giovanili dei Boeren) è infatti la strepitosa mentalità che ha saputo infondere nel suo gruppo, forgiata in tre anni di continui martellamenti psicologici, prima ancora che tattici. Il suo successo, infatti, ha radici lontane perché fin da subito Cocu ha ragionato su base pluriennale, senza la pretesa di essere per forza competitivi da subito. Questo atteggiamento ovviamente non gli ha risparmiato né critiche né sberleffi, per non parlare di qualche delusione. Ma andiamo con ordine.

Nel suo primo anno di incarico, infatti, l’ex centrocampista del Barcellona non solo non ha portato a casa nessun pezzo d’argenteria ma, addirittura, ha concluso il campionato al quarto posto – cioè un fallimento, dalle parti del Philips Stadion. Tuttavia, mentre più di un tifoso pretendeva la sua testa, ha saputo insistere in maniera inappuntabile sulla formazione e la cementazione di una rosa allora giovanissima, con enormi margini di miglioramento e tanta voglia di fare ma priva di esperienza e, nell’arco del suo primo anno di gestione, progressivamente spogliata di tutti i suoi principali punti di riferimento nello spogliatoio.

Subito dopo i vari Strootman, Mertens, Lens, Hutchinson o Marcelo (tutta gente che era ad Eindhoven da anni, ceduta nell’estate del 2013 anche perché Cocu spingeva per un ricambio generazionale intensivo e per lavorare con un gruppo “nuovo”), il buon Phillip decise di aggiungere sotto la voce “tagliati” anche Toivonen e Manolev – gli ultimi veterani rimasti – durante la sessione invernale, consegnando così definitivamente la squadra ai suoi ragazzini terribili, guidati da un Georginio Wijnaldum a quel punto líder maximo del vestibolo del PSV. L’opera di svecchiamento, autentico pallino dell’allenatore olandese, disorientò la rosa in quel primo scorcio della sua gestione ma non fu altro che la necessaria pars destruens di un processo profondo di rinnovamento, propedeutica alla costruzione di una nuova identità. Cocu, infatti, anche nei periodi in cui ha svolto diversi incarichi presso la federazione olandese, si è sempre distinto per la sua fortissima fiducia nei settori giovanili e ha anche puntualizzato spesso che il lavoro coi giovani è d’importanza capitale. Del resto era stato proprio lui a promuovere stabilmente in prima squadra un certo Memphis Depay nel periodo in cui era stato chiamato a mettere una pezza provvisoria alla stagione 2011/2012 (da marzo a fine stagione, vincendo tra l’altro la Coppa d’Olanda. Così, tanto per iniziare col piede giusto la carriera in panchina).

Nel secondo anno della sua egida, il lavoro incompreso di Cocu ha finalmente pagato dazio: sono bastati l’inserimento in squadra di un bomber implacabile come Luuk de Jong (implacabile perlomeno in territorio oranje, giusto specificarlo) e di un jolly inesauribile come Guardado – peraltro a stagione in corso – per far deflagrare definitivamente il valore del collettivo boeren. Ecco dunque la stagione monstre da 88 punti, quasi 100 gol fatti e undici vittorie di fila in Eredivisie, conclusa con uno schiacciante +17 sulla seconda e un demoralizzante +26 sulla terza. Un dominio.

Questa stagione ha visto le Lampadine competere come al solito per il titolo domestico e, in più, eliminare ai gironi di Champions club come il CSKA Mosca e il Manchester United, compagini che negli ultimi anni hanno avuto occasione di frequentare la massima manifestazione europea molto più del PSV e che possono contare su calciatori ben più abituati ai palcoscenici internazionali. Il miracolo del passaggio del turno al Calderón con l’Atlético futuro finalista s’è arenato ai calci di rigore ma per riprovare il colpaccio c’è sempre l’anno prossimo: di sicuro, ora Cocu sa che i suoi sono riusciti a travasare anche in coppa la mentalità granitica che il mister gli ha infuso in questi anni di gestione tecnica (per dirne una, de Boer con l’Ajax non ce l’ha fatta).

Già, perché – come si diceva in apertura – è questa voglia di vincere a tutti i costi e contro chiunque che distingue i Boeren sempre e comunque; il desiderio di primeggiare in qualsiasi contesto ha spinto il PSV a crederci fino all’ultimo minuto dell’ultima giornata di campionato 2015/2016, regalando ai giocatori la ricompensa di un titolo di Landskampioen insperato, per come si erano messe le cose. L’abnegazione e il divertimento che i giocatori biancorossi provano quando scendono in campo sono le due colonne su cui Cocu ha edificato il suo tempio, cementando il tutto con la smania ossessiva di fare bottino pieno sempre e comunque. Su queste solide basi, poi, ha potuto costruire anche l’identità tattica che ammiriamo nel PSV: uno spirito guerriero da battaglia campale rivestito però dalla seta dell’azione corale sviluppata tramite possesso palla (forse persino superiore oggi rispetto a un anno fa, dove invece il sistema premiava di più le invenzioni dei singoli) che si manifesta nel 4-3-3 e nel (più raro) 4-3-1-2 che il mister ha alternato quest’anno. E non dimentichiamo la difesa a tre anti Cholo rispolverata in Spagna – a ulteriore dimostrazione di come gli uomini facciano i moduli e non il contrario, caso mai servisse – né all’atteggiamento passivo che il vecchio Phillip ha chiesto ai suoi di assumere in quell’occasione, vero manifesto della maturità del collettivo, pronto a seguire il proprio condottiero più o meno ovunque.

Tre trofei negli ultimi dodici mesi, il miglior risultato in Champions del decennio per una squadra olandese, cinque o sei potenziali top player svezzati negli ultimi tre anni: ecco, in sintesi, il PSV Eindhoven di Phillip Cocu. Non può non piacerci.