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Rafa, non ti crucciare: vuolsi così, colà…

Ci perdoni, il Sommo Poeta, se osiamo accostare le sue meravigliose parole al mondo puerile del pallone. Non esisteva ancora, il calcio, ai suoi tempi, e seppur fosse esistito di certo non avremmo trovato qualche personaggio pallonaro nelle cerchie dantesche. Era altra roba, quella: il pallone, cosa estremamente moderna se comparata al Medioevo, ha bisogno di altre parole. Vive di altre situazioni.

Eppure, l’idea di piazzare qualcuno in un girone dantesco ci stuzzica. Parecchio. Perciò, chiedendo al Durante le migliore scuse a priori, proviamo a pensare in quale cerchia lui, Rafa Benítez, possa essere calato, considerando i gravi peccati commessi nei confronti del Dio Pallone.

Facciamo che il buon Rafa vada a giudizio da Minosse, il quale gli chiede di quali colpe recenti (perché la memoria del calcio è corta, suvvia) si è bagnato. Dopo una rapida mente locale, l’allenatore inizia a parlare. Ed esce fuori che va via dal Napoli l’anno scorso, annunciando l’addio senza aspettare neanche il termine del campionato, dicendosi certo delle potenzialità di una squadra da Champions e per questo intenzionato a lasciarla nella Grande Europa. Doveva vincere contro la Lazio, Rafa, per riuscirci, all’ultima giornata, e sarebbe stata Champions League. Primo flop, datato 31 maggio 2015: gli azzurri crollano al San Paolo, 2-4, con i biancocelesti, e si qualificano… in Europa League.

“Un incidente di percorso” penserebbe, magari, Minosse, giudice supremo, in questa circostanza. Dunque, nuova stagione, nuova avventura. Addirittura, sulla blasonata panchina di un Real Madrid che ha da poco esonerato Ancelotti. Le merengues hanno bisogno di un cambio di marcia, il diktat è tornare a vincere (almeno la Liga) e sgomitare, dunque, con il Barcellona, storico rivale. Secondo flop, datato 4 gennaio 2016: Galacticos a -4 dall’Atlético Madrid, inaspettata capolista, e a -2 dal Barcellona, secondo. Il Real è reduce da un pari con il Valencia, ha uno spogliatoio spaccato in due. Il bottino di Benítez, a quella data, non è all’altezza delle aspettative: 37 punti in 18 partite, sconfitte pesanti contro Villarreal, Siviglia, Barcellona. Troppo poco, e allora: via, Rafa. Grazie di tutto, ma la porta è quella.

Minosse, qui, non sorride. Riflette.

Passa il tempo, trascorrono due mesi, ecco i Magpies. Sono i primi di marzo, Don Rafa firma un triennale (!) con il Newcastle, segno che la dirigenza sente di poter contare su di lui per risollevare una situazione che il tecnico precedente, Steve McClaren, ha reso piuttosto angusta. Fondo della classifica distante una sola lunghezza, sole sei vittorie in 28 partite, forte rischio retrocessione nonostante un mercato abbastanza importante fatto in estate. Per questo motivo, meglio cambiare guida tecnica, e nulla di meglio di un tecnico di spessore internazionale per risollevare la baracca, no? Benvenuto, dunque, Benítez. Che si mette subito al lavoro, con entusiasmo galoppante, ma l’esordio non è eccezionale: il Newcastle va ko con il Leicester (e ci può stare, data la super stagione delle Foxes) e il prosieguo è perfino peggiore. Perché il ko con le Foxes non sarà l’unico. I Magpies non carburano, non lo faranno mai. Provano a reagire, ma qualcosa non va. Manca la testa, manca la sostanza. E così, eccolo che arriva lui, il… Terzo flop, datato 11 maggio 2015: il Sunderland batte l’Everton 3-0 nel recupero della penultima giornata di Premier League 2015-2016, e a un turno dalla fine il Newcastle è a 4 punti dalla zona salvezza. Troppi: l’aritmetica dice retrocessione in Championship. Con il tecnico spagnolo libero di congedarsi, secondo una clausola nel suo contratto che lo consente, alla faccia dei tre anni firmati neanche cinque mesi fa.

La sguardo di Minosse, a questo punto, si fa molto severo. Don Rafa ha la testa bassa, come quella di colui che l’ha combinata grossa.

Spiritosa la vita, eh? Un anno fa, di questi tempi, eri a 90 minuti dalla Champions. Ora, Benítez, sei in Championship. Se rimarrai al Newcastle.

Ah, già: in quale cerchia finirà, anzi, finirebbe Rafa (torniamo nella realtà, e dunque al condizionale)? Ci verrebbe da dire il secondo girone, quello dei suicidi e degli scialacquatori (perché di un suicidio si è trattato, guardando l’ultimo anno solare, no? E lui, sì, ha scialacquato alla grande la fiducia che non una, bensì tre società gli hanno concesso) ma forse… è meglio lasciarlo nel Limbo, Benítez. Dopotutto, per i peccati nei confronti del Dio Pallone, non esiste un girone, anzi: non c’è inferno dantesco che tenga. Se sbagli, nel calcio, è legge: nessuno ti perdona.