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Newcastle United: come decidere i colpevoli

Disastro, tracollo, fallimento, Benítez. Mettete in fila queste quattro parole, oppure la parola “Benítez” e un qualsiasi nome atto a identificare un insuccesso, e sarete quasi sicuri di colpire nel segno. Sensazionalismo da web 2.0 e conoscenza del pubblico italiano limitata al tecnico spagnolo (ex Napoli ed ex Inter): ricetta perfetta per articoli sommari sulla stagione del Newcastle da scrivere in anticipo e pubblicare al fischio finale di Sunderland-Everton, finita 3-0 e salvifica per i Black Cats a scapito dei Magpies di Rafa, che retrocedono in Championship. Chi può aggiungere ingredienti però lo faccia, non si tiri indietro, forse la pietanza non sarà altrettanto ghiotta ma si spera educativa.

Il Newcastle United è (fonte Forbes) la diciassettesima squadra più ricca del Mondo. La gran parte dell’agiatezza economica del club è dovuta all’accordo con le televisioni e gli incassi dello stadio. St. James’ Park ha medie di affluenza superiori agli impianti di Liverpool (ovvio), Manchester City, Chelsea, Tottenham, Everton. Questo margine ha permesso al presidente Mike Ashley di compiere molti acquisti durante l’estate (Mitrović, Mbemba, Wijnaldum, Thauvin) e a gennaio (Shelvey, Townsend, Doumbia, Saivet), essenzialmente senza aumentare di tasca sua il denaro a disposizione.
Responsabile di queste decisioni tecniche è stato Lee Charnley, giovane DS del club.

Lee Charnley, a sinistra, managing director. Mike Ashley, sulla destra, proprietario.

I quattro acquisti estivi, costati circa 55 milioni di sterline, erano stati accettati da Steve McClaren, nuovo allenatore che succedeva a John Carver, manager a interim che aveva portato il Newcastle a una partita dalla retrocessione nel mese di maggio 2015.
La scelta di McClaren è quantomeno discutibile: il tecnico di York è uno dei selezionatori a non aver portato l’Inghilterra alla fase finale di una competizione internazionale, non ha avuto fortuna con il Derby County in Championship, era stato allontanato dal Wolfsburg, aveva dovuto andarsene da Twente alla sua seconda esperienza in terra olandese e aveva fallito al Nottingham Forest.
Ricordiamo, il Newcastle United è la diciassettesima squadra più ricca del Mondo. Sulla panchina delle prime sedici (senza scomodare Guardiola) c’è gente come Klopp, Simeone, Mourinho, Wenger, Pellegrini, Allegri, in pratica tutti allenatori “da Champions League”. A Newcastle c’è McClaren, che viene licenziato pure dal Nottingham Forest (tutto il rispetto, ma non partecipa alla Premier League da 17 anni).
O meglio, c’era McClaren. Dopo che il Bournemouth distrugge i Magpies a domicilio per 1-3 il 5 marzo 2016, Ashley caccia McClaren.
Soluzione tardiva, segue spiegazione.

Delle prime quattordici partite di Premier League, infatti, il Newcastle ne vince solo due. Una è il sonante 6-2 casalingo con il Norwich City, in cui Wijnaldum segna quattro volte. L’altra è un 1-0 in casa proprio del Bournemouth. Si tratta di due risultati bugiardi: il Norwich merita fino a metà del secondo tempo prima di sfaldarsi sbilanciandosi in avanti e il Bournemouth tira 13 volte contro una, fatale, degli ospiti.

E queste sono le vittorie: mai in dubbio le sconfitte con Swansea City alla seconda (con il terzino Janmaat che si fa cacciare dopo meno di mezz’ora per un fallo inutile), con il Watford, con il West Ham. Alla quattordicesima gli uomini di McClaren (sempre spezzati in due in campo, non in grado di costruire un’azione palla a terra, esposti a qualsiasi tentativo di contropiede avversario) cadono a Selhurst Park contro il Crystal Palace per 5-1. I bianconeri non corrono, perdono palle a ripetizione, non entrano mai in partita. Agüero gliene aveva fatti 5 di gol (record PL) all’ottava giornata.
Se questi non sono dati che possono far licenziare un allenatore, francamente, non sappiamo quali altri possano esserlo. Ashley e Charnley aspettano il 5 marzo, quando ormai una sola squadra tra Norwich, Sunderland e Newcastle si può realisticamente salvare.

Nel frattempo, la reputazione tecnica del Newcastle è in picchiata. Dopo due salvezze per il rotto della cuffia nelle ultime tre stagioni, il sito clubworldranking.com, che applica ai risultati stagionali un modello matematico identico per tutte le squadre FIFA soppesato per campionato di appartenenza e competizione, relega i Magpies al 264esimo posto. Sono 247 posizioni in meno di ciò che i ricavi suggerirebbero.
È questa la situazione che Rafa Benítez eredita. Situazione di delirio tecnico, di emergenza in classifica e di una pressione non ordinaria alla vigilia degli impegni contro Sunderland e Norwich City, decisivi. Prima però c’è il Leicester City (sarà campione d’Inghilterra): un 1-0 striminzito per le Foxes. Nel derby con i Black Cats Aleksandar Mitrović – diventato l’unico idolo in campo della tifoseria – segna il gol del pareggio (1-1) e della speranza. Due settimane dopo contro i Canarins arriva la doppietta da subentrato per il giovane attaccante serbo, che non basta a causa del gol subito al 95esimo che suggella il 3-2 finale. Quando tutto sembra perduto il tecnico madrileno ottiene due pareggi complicatissimi contro Liverpool (da 2-0 sotto nel primo tempo) e City (annessa parata decisiva di Joe Hart su Wijnaldum a cinque dal termine), stravince sullo Swansea non ancora matematicamente salvo di Guidolin e piega 1-0 il Crystal Palace.
C’è un pareggio di troppo, quello di sabato scorso con il derelitto Aston Villa, perché il Sunderland batte Norwich, Chelsea ed Everton e si prende l’ultimo posto disponibile tra le confermate in Premier League 2016/2017.

Quale può essere quindi il fallimento, il disastro, il flop di Benítez? Non essersi salvato con una squadra che prima del suo arrivo aveva la peggiore difesa del campionato? Ognuno è libero di avere le sue opinioni, anche di sostenere che un allenatore è tenuto, in dieci partite, a risollevare le sorti di una società che nonostante sia la diciassettesima più ricca al Mondo (l’Inter è al diciannovesimo posto, tanto per dare un termine di paragone) non è riuscita a creare un progetto tecnico anche solo decente. Che ha dato la panchina a Steve McClaren, che non è mai riuscita a tamponare le falle di una rosa di alto valore ma mai completa, che ha fallito (non ci ha mai provato) nel trasmettere una mentalità vincente a chi è andato in campo.
Non c’è nemmeno bisogno di schierarsi. Basta solo prendere in considerazione l’insieme e non unicamente l’argomento che più ci è familiare. Spesso, per pigrizia e scarso interesse, consegniamo la croce a chi sappiamo di poter attaccare, anche quando la verità sta palesemente da un’altra parte.
E se non vi fidate di noi, fidatevi di “loro”. Guardate Newcastle United – Tottenham Hotspurs domenica alle 16, e cercate un solo striscione sugli spalti di St. James’ Park che dica a Benítez di tornarsene da dove è venuto. Rimarrete delusi.
Poi prestate attenzione al nome Ashley. È lì che capirete chi sono i veri colpevoli.

Si ringrazia Italy Magpies