Sapessi com’è strano
sentirsi innamorati a Milano
Memo Remigi, Innamorati a Milano
Aveva ragione, il buon Memo Remigi, ragione da vendere. E anche se parlava del paradosso di scoprirsi innamorati e dichiararsi a Milano in un’ottica sentimentale, non gli si può dar torto nemmeno se – adattando le parole del suo successo al nostro caso – invece di una donna mettiamo una squadra di calcio meneghina. Il perché è semplice: guardando ai nudi risultati delle due grandi che dimorano all’ombra della Madonnina, viene davvero complesso giustificare qualsivoglia sentimento d’amore nei confronti di Inter e Milan. Eppure i due colossi milanesi sono settimanalmente oggetto dei sogni, delle speranze e dell’immenso affetto di tantissimi innamorati, non necessariamente provenienti dal capoluogo lombardo, che pure resta l’epicentro di tutte le loro (dis)avventure.
L’Inter ha chiuso ieri la sua stagione casalinga, il Milan lo farà la prossima settimana e, seppure nessuna delle due possa concedersi il lusso di concludere l’anno con un sorriso, la sensazione è che abbiano vissuto una parentesi molto diversa delle loro incarnazioni recenti.
Il Biscione si appresta a mettere la parola “fine” al secondo dei tre capitoli previsti sul contratto di Roberto Mancini e, dopo il repulisti dello scorso anno, sembra che – piano piano – il tecnico jesino sia finalmente riuscito a gettare delle basi concrete per quello che dev’essere il culmine della sua esperienza milanese 2.0 e la prossima stagione sarà quella della verità definitiva: la sua Inter non potrà più fallire perché lo stesso Mancio sembra essere riuscito a portarla dal solito anno zero a un più incoraggiante anno uno. Certo servirà ancora parecchio lavoro quest’estate perché la ricchezza nerazzurra è, al momento, più il suo parco giocatori che non l’identità di squadra (leggi: la Beneamata non ha uno straccio di idea nella proposizione di gioco) ma l’ex mister del Manchester City avrà dodici mesi ulteriori per riuscire nell’intento di riportare il successo laddove la sua stessa carriera ha potuto cambiar passo dieci anni fa.
Discorso molto differente per il Diavolo: la società di Berlusconi è alle prese con una possibile svolta societaria di enorme rilevanza e pare star veleggiando in acque decisamente più tormentate anche dal punto di vista sportivo, andando a concludere un’annata che – per la seconda volta di fila – rischia di non poter condurre ad alcuna qualificazione europea (sebbene sia ancora l’orizzonte il salvagente di Coppa Italia). Il Milan sta innegabilmente tirando stancamente avanti con una dirigenza che vorrebbe chiudere la sua esperienza calcistica con un sorriso ma che, allo stesso tempo, non è più in grado di poter allestire un progetto tecnico (e forse addirittura un intero contesto) realmente competitivo. Entrambe le nostre protagoniste hanno peraltro una stagione senza coppe continentali, proprio in occasione del ritorno in grande stile della Champions League in quel del Meazza (oltre al danno al beffa, acuita senz’altro dal fatto che la finale si giocherà tra due squadre madrilene: un derby nella casa di uno dei derby più importanti d’Europa).
Tuttavia, se il Milan è un paziente discretamente grave allo stato attuale, il leggermente migliore stato di salute dei dirimpettai nerazzurri non infonde certo un senso di distesa tranquillità: le variabili nel discorso interista restano ancora troppe sebbene non siano innumerevoli come nella situazione rossonera. Entrambi i club stanno arrancando ormai da diversi anni e sembrano tenersi a galla nello stesso modo in cui hanno vinto i rispettivi impegni di campionato di ieri: con grande – talvolta enorme – fatica.
Certo, l’Inter ha già compiuto un ribaltone societario notevole quasi tre anni fa (e, col senno di poi, i tifosi saranno contenti di aver vissuto una simile rivoluzione nel momento in cui i quadri societari che pur avevano da poco portato a casa il Triplete davano l’idea di non saper più che pesci pigliare nonché di progredire stancamente) ma, da allora, non è che siano state tutte rose e fiori, anzi. Il Milan, dal canto suo, ha risposto reagendo malissimo alla fine naturale del ciclo vincente di Allegri, cambiando qualcosa come cinque allenatori nelle ultime tre stagioni (numeri non proprio in linea con il resto dell’era berlusconiana) senza più riuscire a trovare una quadra sufficiente per – quantomeno – tornare sul podio.
Non è quindi una novità recentissima osservare i colossi meneghini tentare di districarsi tra mille e un affanno però è anche vero che, di stagione in stagione, nessuna delle due realtà sembra dare segnali chiari di risveglio (forse, e sottolineiamo il “forse” ventisette volte, ci sta riuscendo l’Inter a questo giro ma bisognerà ancora vedere cosa succede nel prossimo campionato) e anche un’eventuale vittoria della Coppa Italia da parte dei rossoneri non potrà certo cancellare la sensazione che alla mappa geografica del nostro calcio sia stato tolto un pezzo fondamentale.
E, nel frattempo, la sola Juventus gode.