Editoriali

L’importanza di un problem solver*

Si è sentita, eccome, la mancanza di Cristiano Ronaldo, contro il Manchester City. A dir la verità, si è sentita anche con il Rayo Vallecano, nell’ultimo turno di Liga, quando Zidane ha acciuffato per i capelli i tre punti, nel finale di una partita che senza CR7 si era fatta difficile da gestire, e vincere. Là, Bale ha sorretto da solo il peso di un attacco che al termine del primo tempo ha visto uscire dal campo anche Benzema. Ieri sera invece, contro un Manchester City di qualità del tutto diversa rispetto al Rayo, i limiti del Real sono nuovamente emersi. Perché mancava Ronaldo, no? E allora: quando hai un fenomeno in squadra, puoi anche permetterti di non fare una grande prestazione, sapendo che basta il colpo del tuo campione a farti vincere; quando il fenomeno in squadra non ce l’hai, devi trovare il gioco, devi trovare il modo di divincolarti dal peso di quell’assenza e capire come incidere ugualmente.

Ci mancherebbe: non voglio dire che il Real Madrid è solo Cristiano Ronaldo. Di qualità, in squadra, le merengues ne hanno una marea, mi sembra addirittura superfluo sottolinearlo. È però vero, e nessuno può dire altrimenti, che esistono calciatori – e sono pochissimi -, in giro per l’Europa, capaci di modificare l’andamento della gara, di valere per due giocatori, di dare una spinta maggiore, e fornire all’improvviso una marcia in più alla propria squadra. Sono quei calciatori che sono come il NOS nelle vetture da corsa, quei talenti capaci, in sostanza, di inventarsi un modo di vincere, di estrarre dalla manica l’asso che manca a calare il poker sul tavolo. Nel mondo del lavoro (vero, non quello fatto di figurine e milioni), costoro sono chiamati i risolutori di problemi, o per dirla alla moderna maniera, all’americana perché fa più figo, problem solver*. Ecco: CR7 può essere definito il problem solver* del Real Madrid, colui che quando c’è tutto fila liscio per il 99% dei casi. Basta guardare le statistiche: 31 gol in 34 presenze in Liga, 16 gol in dieci partite di Champions League, e stiamo parlando solo di questa stagione. Già, un fenomeno: e non sto scoprendo l’acqua calda. Lo so, lo sapete voi, lo sappiamo tutti: CR7 è un fenomeno, che per il Real Madrid è delizia: per i tifosi, per la dirigenza, per i compagni di squadra, per l’allenatore. Ah no: per quest’ultimo è anche croce. È una spada di Damocle piazzata dritta sulla fronte. Perché il Real di Zidane non è meraviglioso, e soffre, tanto, le sporadiche assenze del suo problem solver*. Che in questo caso, da risolutore di problemi si trasforma, CR7, in cartina tornasole della qualità di un allenatore: Zidane, chiamato a traghettare le merengues nel dopo-Benitez (uno che addirittura con Ronaldo, non ha fatto granché. E ciò è tutto dire), in termini di gioco, tattica, geometrie, non è che lasci tutti a bocca aperta. Ha sudato freddo, Zizou, con il Rayo, ha racimolato un misero 0-0 ieri sera, nell’andata di una semifinale di Champions in cui il suo Real Madrid puntava a ipotecare il passaggio del turno. Nulla da fare: ci proverà al ritorno, quando in campo ci sarà anche Ronaldo. E se ci riuscirà, Zidane, chissà se sarà per merito tutto suo.

* Perdonate l’inglesismo: stavolta, mi sembrava davvero azzeccato. Non lo farò mai più.

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Alex Milone