Editoriali

Sei mesi dopo, il campionato si è rovesciato

Ci dicevano, e ci dicevamo, che questo sarebbe stato un campionato equilibrato: la Roma era favorita, perché il Napoli di Sarri era un’incognita e la Juventus aveva rinnovato in lungo e in largo. E infatti, alle prime curve, a girare davanti erano Inter e Fiorentina: per la gioia di Sky, che sull’imprevedibilità e l’equilibrio ricamava ancora a dicembre. Poco meno di un campionato fa.

Quando il calendario dice -4 però, siamo sempre lì: per quanto sia partita in retromarcia, la Juventus comanda le danze una volta di più, e con 23 vittorie nelle ultime 24 partite si appresta a chiudere i conti in anticipo. Il Napoli di Sarri ha dovuto rallentare quando il fiato si è fatto corto (di panchinari di lusso ne ha due soli, entrambi davanti: Mertens e Gabbiadini), la Roma ha dovuto persino cambiare allenatore (e ancora non ha capito cosa fare di Totti).

Viste con gli occhi dell’autunno, però, le delusioni sono due: nerazzurri e viola, partiti a razzo e ora impantanati in un’Europa League che può sembrare stretta. Meglio: che sicuramente va stretta a un Mancini che torna nelle coppe, ma di certo manca l’obiettivo di puntare allo Scudetto grazie a una flotta di 11 rinforzi. Alla voce promesse non mantenute, e anche problemi futuri, perché la mancata Champions comporta introiti minori (con Thohir che ha già dovuto iniziare le manovre per mantenere solida la società in vista dell’estate).

Ma la mia personale delusione è piuttosto la Fiorentina: rinnovata nello spirito da un Paulo Sousa tanto pragmatico da non stravolgere il canovaccio di Montella, e tanto filosofo da insistere continuamente, più che sulle vittorie, su una certa mentalità e una determinata idea di gioco. Fino a dicembre, il miglior gioco del campionato; nel 2016, non corrono i giocatori e non corre la palla.

Diciamolo in anticipo: per gli archivi, quella viola sarà in ogni caso una grande stagione. Ma a non andarmi giù è la generica involuzione degli ultimi due-tre mesi; una riflessione che va oltre il calo verticale di Kalinić, il quale si era inceppato già a dicembre.

È proprio l’idea che non si capisca cosa succede: Sousa che non risponde all’entusiasmo di Andrea Della Valle, che lo conferma per l’anno prossimo; la squadra che non fa girare il pallone, ma che non sempre è sembrata così tanto sulle gambe; il fatto che nel mercato non siano stati presi né un centrale di difesa, né un centrocampista, né soprattutto qualcuno in grado di saltare l’uomo e battere a rete; fino a un Bernardeschi che da qualche settimana in qua è presuntuoso, lezioso. E qui la preoccupazione, da viola, si tinge di azzurro.

Da un lato, a gennaio c’è stata una politica di vedute cortissime (che Sousa ha chiaramente mostrato di non aver gradito); dall’altro, si parla di cedere un paio di nomi importanti (sicuramente Iličić) per poter trattenere Bernardeschi e per migliorare la rosa (potrebbero arrivare Sirigu e Praet). Sulla carta, dovrebbe bastare per non dovere uscire suonati da Hellas Verona, Frosinone, Sampdoria, Empoli e Udinese. Non so se possa essere sufficiente per il doppio impegno: francamente, ne dubito. E la delusione è proprio qui: su quel passo in più che non arriva mai.

Se alla fine arrivasse anche solo il sesto posto, varrebbe comunque l’Europa League, quindi economicamente cambia poco; ma, come messaggio, la sua differenza la fa tutta. Anche perché dietro arriveranno Sassuolo (matricola ricca) e ChievoVerona (veterana povera): segno che qualcosa si può sempre fare – anzi, si dovrebbe.

Published by
Pietro Luigi Borgia