Estero

Il Lugano (e Zeman) al bivio

Parlare di Zeman, non è mai facile: in Italia, non esistono mezze misure. Abbiamo visto, la scorsa settimana, Luciano Moggi retwittare, con malcelata soddisfazione, gli aggiornamenti di un sito svizzero di calcio, relativi al risultato di Lugano-Basilea. Sono passati anni, ci sono stati procedimenti giudiziari, che hanno dato per risultato verità processuali, ma l’acredine nei confronti del boemo (non solo da parte dell’ex uomo di calcio, in passato legato alla Juventus) resta alta.

Ma noi, siamo qua per parlare di calcio svizzero; e, pur non essendo tifosi, ci siamo resi conto dell’importanza della squadra luganese per il futuro del movimento calcistico nella ragione italofona della Svizzera, e questo ci sta particolarmente a cuore: perché un confine politico non divide due comunità (soprattutto quella lombarda e quella ticinese) che, pur nel rispetto delle differenze, hanno in comune lingua, dialetti, l’etica del lavoro, e tante altre cose.

Gli ultimi dieci giorni, per il Lugano, sono stati durissimi. La squadra, in autunno, aveva già perso tre volte di seguito: ma 17 gol subiti in tre partite, sono qualcosa che va un po’ oltre. E, per fortuna, città e Cantone erano con la testa sull’hockey: altrimenti, le polemiche (che, ovviamente, ci sono state) avrebbero avuto risonanza maggiore. La domanda sulla bocca di tutti è una sola: il Lugano si salverà? Zeman arriverà a fine stagione?

Qualche risposta ce l’abbiamo: il boemo ha ripetuto (ancora due giorni prima della partita col Thun, come abbiamo riportato) che non si dimetterà. Il presidente Renzetti, ai microfoni di RSI e di Teleticino, ha confermato la fiducia al suo allenatore“Tutelerò Zeman fino alla fine. È una persona seria: e di persone serie, nel calcio, ce ne sono poche”  l’affermazione, lapidaria, del massimo dirigente bianconero“Certo, una critica all’allenatore potrei farla: troppo turn over nelle ultime partite hanno minato la fiducia di qualche giocatore. Forse anche aver lasciato andare due elementi come Rossini e Russo, alla lunga si sta rivelando una decisione affrettata. Tecnicamente non avevano fatto bene: però erano stati due protagonisti della promozione lo scorso anno, tenevano il gruppo, e sapevano gestire situazioni difficili.” la conclusione del presidente.

Questi, i fatti, e le dichiarazioni dei protagonisti. La scorsa settimana, nella sua seguota trasmissione “Fuorigioco”, il popolare giornalista sportivo Luca Sciarini, con i suoi ospiti (tra i quali spiccavano Ruggero Glaus, commentatore sportivo di grande esperienza, e “Kubi” Türkylmaz, ex giocatore conosciuto anche in Italia per i suoi passaggi a Bologna e Brescia), hanno provato ad analizzare la situazione: il problema è mentale, e questo è stato ribadito, mercoledì a fine partita, da Sabbatini, che è uno dei giocatori con maggiore anzianità nel club, ed era stato citato anche da Marco Padalino sabato sera: “L’allenatore ci dice di fare delle cose, noi non riusciamo a farle sul campo.” 

Secondo gli opinionisti, il problema è nello spogliatoio: “Kubi”, uomo di grande esperienza, faceva notare che, in queste situazioni, all’interno, si punta il dito nei confronti di chi, più o meno giustamente, viene accusato di impegnarsi di meno, o di vanificare, con i propri errori, il lavoro di altri. Glaus, cronista con alle spalle decenni di esperienza, appariva sconcertato dalle analisi tecniche del boemo, ma tutti erano d’accordo su una cosa: il messaggio di Zeman non sembra passare e, soprattutto, c’è stupore nel vedere la squadra offrire prestazioni non adeguate dal punto di vista fisico: cosa, questa, del tutto inaspettata.

Noi, che abbiamo un’esperienza molto più modesta, condividiamo in gran parte queste conclusioni. Da parte nostra, avendo visto parecchie volte la squadra dal vivo, in casa e in trasferta, abbiamo preso atto di un’involuzione, che ci auguriamo che si sia arrestata, per il futuro della squadra, dopo la vittoria di ieri. Pensiamo che, probabilmente, sia stato proprio il presidente Renzetti a centrare il punto: gli uomini d’esperienza. Zeman, a nostro parere, ha commesso un errore: vale a dire, considerare il calcio svizzero solamente dal punto di vista tecnico, senza invece entrare, in modo più profondo, nella sua anima.

Il salto dalla Challenge League alla Super League è diverso, rispetto a quello che può essere la serie B con la Serie A italiana: altri valori tecnici, altro ambiente, altri stimoli. Giusto puntare sui giovani, e valorizzarli; e, del resto, questa è stata l’impostazione societaria.  Però servono anche, in campo e nello spogliatoio, giocatori d’esperienza, che facciano gruppo, e che sappiano dettare la linea, soprattutto in campo: a volte, serve saper serrare le fila, serve mordere il pallone, usare la sciabola, e non il fioretto: e i giocatori che hanno alle spalle qualche stagione nella serie maggiore, sanno riconoscere quei momenti.

Col Thun, sono arrivati tre punti importanti, ma la strada è ancora lunghissima. L’allenatore ha dato il segnale di sapersi mettere in discussione: ieri Alioski è tornato nel suo ruolo (grande partita la sua), il redivivo Pušič, messo a fare il terzino, ha giocato una buona partita. Urbano, schierato al centro, ha consentito anche a Datković di ritrovare un po’ di sicurezza in più. In mezzo, i tre centrocampisti hanno offerto una prestazione sufficiente. Davanti, a un ottimo Donis si sono contrapposti un Čulina distratto, e un Bottani in difficoltà nel ruolo di primo della classe: ma se il ticinese si sbloccasse (magari mercoledì a Basilea…) potrebbe regalare un grande finale di campionato.

Ora, i ticinesi hanno davanti due trasferte insidiose: mercoledì sera a Basilea, sabato a Sion. Il Vaduz andrà a Thun a giovedì, e ospiterà il Basilea nel fine settimana. Domenica sera, vedremo cosa dirà la classifica: le partite da giocare sono ancora otto, lo scontro diretto nel Principato si giocherà alla penultima giornata: in chiusura, il Lugano giocherà a Cornaredo col San Gallo, il Vaduz invece sarà al Letzigrund contro lo Zurigo: sarà, probabilmente, una sfida che terminerà solo alle 22.30 del 25 maggio. E ve la racconteremo fino alla fine.

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Silvano Pulga