Il miglior sorteggio possibile
Nei postumi della tre giorni europea, sono rimasto tristemente colpito dalla incapacità, da parte di molti, di andare oltre il proprio naso, di guardare oltre il proprio orticello. Questo guardare le cose degli altri pensando (e dicendo) cose che riguardano sempre noi la chiamo italocentrismo, ma sono sicuro è una malattia che affligge tutti i paesi calciocentrici come il nostro, o comunque parecchio legati ai loro sport di riferimento.
Senza scomodare il Leicester di Ranieri – come se non bastasse la differenza di budget tra le Foxes e le big d’Inghilterra a far gridare al miracolo – pensiamo sempre e solo a noi. E se è umanamente comprensibile quando ci troviamo a che fare con allenatori e giocatori italiani impegnati all’estero, lo diventa meno quando l’italocentrismo porta memoria selettiva, distorsione della realtà o comunque eterno rammarico, rimpianto, rosicata.
È moda dire, in questi giorni, che gli ultimi risultati continentali “rivalutano le italiane”, o che “Juve e Napoli se la sarebbero giocata tranquillamente”. Sì, certo, forse; ma intanto sono uscite: troppo comodo prendere i loro risultati positivi dell’anno scorso come un dato di fatto, e i tonfi di quest’anno come un’eccezione. Una cosa che è capitata ma siamo più forti, e tanti saluti al risultato del campo, al verdetto. O al famoso ranking (sui limiti del concetto e i tanti luoghi comuni ci siamo espressi più volte) e simil cose.
In soldoni: siamo sempre concentrati su di noi, tanto da far – quasi – diventare un merito che Morata si sia mangiato dei gol contro il Siviglia, o non esser riusciti a chiudere al primo posto il gruppo di Champions. O magari essersi sciolti come neve al sole al primo avversario robusto incontrato in Europa League (vero, Fiorentina?), o esserne usciti ma senza far drammi in vista di una lotta scudetto terminata poco dopo.
Davvero: non diciamo mai agli altri che hanno meritato, ci concentriamo sempre su noi stessi. Ed è così che non mettiamo in discussione il sistema, non cambiamo approccio e modus operandi: d’altronde potevamo esserci anche noi, o comunque se è questo il Real allora…
Per i pochi che la tre giorni di Champions ed Europa League se la sono goduta senza dietrologie e rivalutazioni varie, è stato elettrizzante. Su più campi sorprese, una dopo l’altra. Non senza rimonte, tanto per ricordare che (il bello è che) si gioca su 180′ minuti – a volte anche di più – e che spesso si traggono conclusioni prima del previsto. Sbagliando.
Chiedetelo ai detrattori del Real e di Zinédine Zidane, di Cristiano Ronaldo. Se nulla si può imputare al Wolfsburg – ha fatto un grande cammino in coppa – vista la differenza di valori in campo, colpisce la prova caratteriale del Madrid e del suo fuoriclasse. Dall’atteggiamento zoppo e intimorito del primo tempo del Camp Nou a una classifica accorciata in Liga e la semifinale conquistata: poi ditemi che il calcio non è questione (anche) di psicologia, meccanismi emotivi e mentali, energie nervose.
Lo sanno a Manchester – dove il City ha, secondo chi ridimensiona tutto e tutti, il demerito di aver perso nel girone con la Juventus e quindi di non meritare una semifinale a tutti gli effetti storica; con un cammino e un salto di qualità continentale che, tra l’altro, ricorda quello dei bianconeri nel 2014-2015 – e lo sanno a Liverpool, come ha ben descritto ieri il direttore Alex Milone: accade anche l’impensabile e l’imprevisto. L’insperato, per come si era messa: gli dei del calcio danno (Istanbul, Roma) e tolgono (vedi la finale di Coppa di Lega persa ai rigori…Proprio coi Citizens) e anche lì è questione di godersela e basta. Non di pensare a cosa farebbe, contro il Borussia o i Reds, la Fiorentina, o se il cammino di Shakhtar e Villarreal riabiliti o rivaluti il potenziale inespresso del Napoli o della Lazio.
Tutto molto eccitante anche e soprattutto grazie all’urna, a un sorteggio che ha regalato le migliori sfide possibile, per lo spettatore neutrale. Al piano di su, se c’è una squadra che può mettere in difficoltà l’ultimo Bayern di Guardiola questa è proprio l’Atlético. Per quella capacità che ha di entrarti dentro e farti crollare le certezze che riponi del tuo gioco, nei tuoi valori.
E anche Manchester City-Real intriga: entrambe con pregi e difetti ma un tasso tecnico (specie là davanti) devastante; finalmente i Citizens, come appunto la Juve dell’anno scorso, possono gonfiare il petto in Europa dopo coppe e trionfi in Inghilterra e gli altri li conosciamo. In ripresa, hanno uno dei calciatori più forti della storia e, soprattutto, vivono il momento emotivo migliore dal giorno della Décima a oggi: vietato perdersela, questa.
E non ci possiamo lamentare neanche del piano di giù, magari di livello più basso ma difficile da pronosticare: Villareal-Liverpool e Shakhtar-Siviglia mantengono aperti i sogni di finale anglo-spagnola (ci sarebbero 7 coppe Uefa in campo!), il derby spagnolo. O anche l’ennesimo colpo di quella vecchia volpe di Mircea Lucescu.
A patto che non ci diciate che c’è anche un po’ d’Italia perché in fondo una vita fa ha allenato anche da noi, per favore: è il miglior sorteggio possibile e ci aspettano semifinali da brivido. Anche senza rivalutare o premiare a posteriori le nostre squadre, che avranno tutto il 2016-2017 per rifarsi con gli interessi.