Giunto quest’anno alla tredicesima edizione, il Gran Premio della Cina rappresenta uno dei circuiti più apprezzati, da piloti e tifosi, fra quelli inseriti nelle ultime due decadi nel calendario del Mondiale. Negli anni 90 il governo cinese, deciso a modificare la propria immagine agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, ancora scossa per gli eventi legati alle proteste di Piazza Tienanmen, individuò nella Formula 1 un ottimo veicolo per mostrare un aspetto diverso della Cina. Nel 1999 venne così avanzata alla FIA la candidatura dell’autodromo di Zhuhai, ma i vertici della Federazione negarono il proprio assenso, non ritenendo il circuito adeguato agli standard vigenti.
La bocciatura subìta rimandò soltanto di qualche anno i progetti dei governanti cinesi i quali, nel 2002, annunciarono di aver siglato un accordo per ospitare finalmente il primo Gran Premio, a Shanghai, a partire dal 2004. Il nuovo autodromo, terminato nel 2003, porta la firma di Hermann Tilke e si distingue da altre creazioni dell’ingegnere tedesco per la sua conformazione, composta di rettilenei e curvoni veloci e per alcune soluzioni tecniche avveniristiche, in particolare le fondamenta in polistirene, ideate per annullare gli effetti del terreno paludoso.
Fu la Ferrari a ottenere la prima vittoria, nel 2004, con Rubens Barrichello, primo nelle qualifiche del sabato e autore di una gara imperiosa su una Rossa all’epoca quasi perfetta. La scuderia di Maranello si ripetè nel 2006, con Michael Schumacher, alla sua ultima vittoria in Formula 1, l’anno seguente con Kimi Räikkönen e nel 2013 con Fernando Alonso. Il trionfo del finlandese, nel 2007, coincide probabilmente con la gara più emozionante e dall’esito più sorprendente, anche in ottica Mondiale, disputata sulla pista di Shanghai.
All’epoca infatti il calendario aveva posto la Cina come penultima data del campionato, in quel momento dominato da Lewis Hamilton, su McLaren, in vantaggio di 10 punti sul compagno di squadra Alonso e di ben 17 su Kimi Räikkönen. Per il pilota inglese un ottimo piazzamento avrebbe dunque significato la conquista quasi matematica del titolo e le premesse della vigilia, con il miglior tempo nelle qualifiche, parvero preludere a un successo quasi scontato. La pioggia, una delle variabili più frequenti eppure più imprevedibili della Formula 1, sembrò voler assumere un ruolo da protagonista. All’avvio della competizione le scuderie scelsero di utilizzare le gomme intermedie, ideali per le condizioni meteo che, come garantivano le previsioni, avrebbero visto continui rovesci d’acqua dal cielo. Nel corso della gara, però, il sole cominciò a spuntare fra le nuvole, rendendo incerte le condizioni dell’asfalto, bagnato in alcuni punti e quasi asciutto in altri.
Hamilton, a causa delle gomme sempre più usurate, perse progressivamente secondi, mentre Räikkönen, alle sue spalle, avanzò fino a riuscire a superarlo, agguantando così la prima posizione. La McLaren si decise a richiamarlo ai box vedendo i pneumatici ormai sfaldati, ma all’ingresso il pilota inglese perse il controllo della vettura, impantandosi nella ghiaia e abbandonando le speranze di accumulare punti. Il finlandese ottenne invece il primo gradino del podio, risalendo a soli 7 punti dal primatista del Mondiale e festeggiando la 200esima vittoria della Ferrari in Formula 1. Alonso, secondo sotto alla bandiera a scacchi, si portò invece a soli 4 punti dal compagno di squadra, per un finale di campionato che, in Brasile, avrebbe visto l’incredibile trionfo della scuderia del Cavallino Rampante.