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Ricavi commerciali, le italiane non valorizzano i propri brand

La stagione sportiva volge al termine e le compagini europee si contendendo sul terreno di gioco gli obiettivi stagionali, che per alcuni club possono risultare vitali dal punto di vista economico. I risultati finanziari delle società italiane sono strettamente correlati alle performance sportive: la Juventus nel 2015 ha fatturato 384,2 milioni ed è tornata all’utile di bilancio (+2,3 milioni) dopo sei anni, grazie soprattutto agli 89,1 milioni di premi incassati per il raggiungimento della finale di Champions League. Dal canto suo il Napoli ha chiuso con una perdita di 13 milioni per aver mancato la qualificazione alla massima rassegna europea, stesso obiettivo fallito dal Manchester United, che però negli ultimi anni è riuscito a valorizzare il suo brand. La squadra inglese dal 2010 ha incrementato gli introiti derivanti dall’area commerciale, passando da 108 milioni di euro agli attuali 277, cifra che lieviterà dal 2016, considerando i 105,4 milioni a stagione che garantirà l’adidas. Anche il Bayern Monaco può contare sui ricavi derivanti da sponsorship e merchandising, da cui incassa 215 milioni su un totale di 523,7. Grazie a queste entrate i tedeschi riescono a sopperire ai bassi incassi provenienti dai diritti tv, che in Germania incidono in media solo sul 31% del fatturato, molto meno rispetto al 59% che si registra in Italia. Tra le squadre della Serie A è il Milan la prima società per ricavi commerciali con 97,1 milioni, a seguire troviamo la Juventus che si ferma a 73,15. Dunque, tenuto conto delle difficoltà del nostro calcio di scalare posizioni nel ranking Uefa ai fini della riconquista di un posto in più per l’accesso alla Champions League, si evince l’importanza per le squadre italiane di implementare nuove strategie volte a migliorare il posizionamento dei propri brand sui mercati internazionali.