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MP Istantanee presenta… Benito Lorenzi, formidabile “Veleno”

I soprannomi, si sa, non vengono dimenticati. A maggior ragione se sono particolarmente indovinati: proprio come nel caso di Benito Lorenzi, detto “Veleno“. Un attaccante formidabile, esuberante e un po’ linguacciuto, da buon toscano. Si affermò con la maglia dell’Inter, con cui vinse due scudetti e che lo portò alla ribalta nazionale. Un personaggio senza tempo.

Benito LorenziBenito Lorenzi nasce a Borgo a Buggiano, in provincia di Pistoia, il 20 dicembre 1925. Dimostra fin dall’infanzia il suo carattere esuberante, gioviale e, allo stesso tempo provocatorio e linguacciuto. Debutta in Serie B nella stagione 1946-47 con l’Empoli, realizzando ben 15 reti. Viene subito acquistato dall’Inter, disputando un grande campionato che gli vale la simpatia popolare. Il 27 marzo 1949 fa il suo debutto in Nazionale, segnando nel 3-1 in amichevole alla Spagna. Convocato per la rassegna iridata in Brasile, è quindi testimone dell’assurdo viaggio in nave degli azzurri: un trasferimento infinito, al limite del grottesco, adottato al posto del volo in aereo. La Federazione decise infatti per l’opzione marittima per il panico suscitato dalla sciagura di Superga, accaduta l’anno prima. Lorenzi stesso aveva paura di volare ed era stato uno dei pochi non granata ad entrare nel giro azzurro. Perse nella tragedia tanti colleghi, tra cui Valentino Mazzola: con il capitano del Grande Torino esisteva un rapporto di grande stima reciproca. Nel 1953 e nel 1954 conquista con la maglia dell’Inter due scudetti consecutivi, elevandosi a grande protagonista in un attacco stellare. Con la casacca nerazzurra disputa 11 stagioni, totalizzando 305 presenze e 138 reti in campionato. Chiude la carriera dopo un’ultima annata in A con l’Alessandria e la stagione tra i cadetti nel Brescia. Appena 14 apparizioni con 4 gol in maglia azzurra, con la seconda partecipazione mondiale in Svizzera nel 1954, impreziosita da un gol al Belgio. Il nomignolo “Veleno” gli viene affibbiato dalla madre, per evidenziare la sua proverbiale vivacità. Da adulto, onora quell’emblematico soprannome: oltre che di un grande talento calcistico, è dotato di estrema malizia, irriverenza con compagni, avversari e arbitri, soprattutto grazie allo smodato utilizzo di micidiali frasi dialettali. Una filosofia di vita che cozza con il suo essere cattolico fervente. Negli anni ’60 allena per un breve periodo, prima l’Empoli e poi il Parma. Un’icona nerazzurra, legato all’Inter fino alla morte. Scompare a Milano il 3 marzo 2007, all’età di 81 anni. Rimane nella storia del calcio italiano quella volta che, approfittando della distrazione dell’arbitro, mette un mezzo limone sul dischetto prima di un rigore assegnato al Milan. Cucchiaroni non sente le urla dei suoi tifosi, e sbaglia il penalty. Era il 6 ottobre 1957.