Lavaggio a 60°

Come in una lavatrice. La sfida dell’Allianz Arena è stata un mix di emozioni, un concentrato di tattica, un insieme di cose molto belle e molto brutte aggrovigliate e in continuo divenire. La Juventus ha giocato un calcio meraviglioso per sessanta minuti, poi è crollata come una casa di carte sotto un soffio di Maestrale: sgretolata, a causa dell’orgoglio di un Bayern ferito e cattivo, che solo grazie al gol di Lewandowski – e chi sennò – è riuscito a destarsi, capovolgendo una partita che a venti minuti dalla fine vedeva i bianconeri con un piede e mezzo nei quarti di finale.

Splendida, la Juventus, per un’ora, e non siamo i soli a dirlo. Allegri ha centrato in pieno la formazione, ha piazzato Pogba alle spalle di un Morata da pallone d’oro, ha saputo sopperire alle assenze di Dybala e Marchisio, costringendo all’angolo i bavaresi, e colpendoli una, due volte, in casa loro. Ma se Allegri ha azzeccato l’undici iniziale, Guardiola ha azzeccato i cambi. Perché la sfida l’hanno decisa Coman e Thiago Alcantara, con i due gol decisivi nei supplementari. Entrambi inseriti tra ripresa e overtime.

Sessanta minuti di grande Juventus, dunque, poi la testa è andata, e tutto si è capovolto. Hoplà, all’improvviso, è andato tutto sottosopra. Forse, anche perché Allegri, no: lui i cambi non li ha proprio azzeccati, e sicuramente, sì: il gol del 2-1 è stato, per il Bayern, come uno spinnaker alzato con il vento in poppa. Ha avuto paura, la Juve, e si è notato. Ha avuto paura di perdere, di beccare il 2-2, e nei supplementari ha avuto anche meno lucidità, seppur abbia comunque creato le sue occasioni. Ha avuto, però, anche tanta sfortuna: vedi il gol annullato a Morata nel primo tempo, sull’1-0: Kimmich sembrava proprio mantenere in gioco l’attaccante bianconero. Peccato? Certo, anche se il calcio è così, fatto di errori, di casi fortunati e sfortunati, di talento ed episodi. Soprattutto, è fatto di freddezza: la Juve potrà anche recriminare, ma fredda ha saputo esserlo per soli sessanta minuti su novanta. Pochi, evidentemente, insufficienti se dall’altra parte hai un Bayern Monaco che, invece, in quanto a freddezza – e qualità, e carattere, e fiducia, e grinta, e determinazione – davvero, non è secondo a nessuno.

In estrema sintesi: è stato bello. La squadra più forte che abbiamo ha lottato, ci ha provato, ci ha fatti gasare, è stata brava, ma a conti fatti, avanti, ancora una volta ci vanno gli altri. Ciao Europa: sarà per l’anno prossimo, anche se difficilmente #finoallafine.

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Alex Milone