C’è stato un momento, durante l’ultimo Cagliari-Pescara, in cui i rossoblù si sono sentiti in Serie A. In rimonta da situazione di 0-1, i ragazzi di Rastelli passavano a stretto giro di posta dal sentire il fiato sul collo delle inseguitrici alla fuga.
C’è stato un piccolo momento, durato in verità una settimana, dove il se è diventato quando. Quando saliremo? Sarà record di punti? Ci sarà gloria per tutti, o alcuni calciatori verranno ricordati come i protagonisti della promozione? Tutto molto bello, tutto molto veloce, ma tutto troppo precoce: da lì in poi s’è spento tutto.
Il campionato s’è ricordato di presentare al Cagliari un conto salato; prezzo da pagare per essersi sentito già oltre, già avanti, già in Serie A. Aver smesso d’essere umile, sentendosi arrivato: da quella domenica pomeriggio in poi la legge del contrappasso s’è sbranata le certezze dell’ormai ex capolista, l’ha ributtata con violenza nella bolgia del campionato cadetto.
Nervosismo, trasferte scivolose, cartellini. Ma anche un attacco dalle polveri bagnate, un centrocampo sfilacciato e incapace di creare gioco e scardinare i fortini meglio organizzati. Il Cagliari ha perso la sua vocazione, ha perso la forza del contropiede, la velocità e l’inventiva dei suoi fantasisti.
Cesena, Novara, Trapani e Perugia: porta violata 7 volte e solo 2 gol all’attivo (in Sicilia); 1 punti nelle ultime 4 uscite, la Serie B che di colpo torna infida, viscida, difficile da inquadrare. Figurarsi da gestire: un grande squadra la sfanga pure nelle partite anonime (e il Cagliari lo aveva fatto con l’Entella, sabato 6 febbraio) e sa trovare dentro la sua rosa le risorse per mettere a riposo chi gira male, e rilanciare tutti.
Ecco, a 11 gare della fine 10 punti sulla terza sono tanti e pochi allo stesso tempo. Tutto dipende dal Cagliari e passa dalla sua testa: non sentirsi più arrivato, rimettersi in discussione, capire finalmente la B.
Capirla per davvero; a partire da Vicenza, sabato 19 marzo: dall’incubo di ieri sera al ritorno in Paradiso il passo è breve. Basta guardare in alto senza dimenticare ciò che c’è in basso.