La ventesima giornata ha consegnato alla Russian Premier League una nuova capolista, dopo che il CSKA l’aveva condotta sin dalle prime battute estive. Il Rostov ha conquistato infatti la vetta sconfiggendo proprio l’unica squadra che la precedeva in classifica, riaccendendo un campionato come al solito equilibratissimo e continuando a sognare un clamoroso titolo.
La metamorfosi del Rostov in dodici mesi è stata impressionante e il merito di questa cavalcata è riconducibile, per la maggior parte, ad una sola persona, l’allenatore turkmeno Kurban Berdyev. Con la sua proverbiale arguzia tattica e la sua straordinaria capacità di leggere l’andamento di un incontro e di motivare i suoi giocatori, Berdyev sta riproponendo tutto quello di buono che mise in mostra a Kazan, quando il suo Rubin, alla fine dello scorso decennio, vinse, in maniera del tutto inaspettata due titoli consecutivi. Il Rostov odierno è, per numerosi aspetti, una riproposizione del Rubin formato 2008, un collettivo che ha saputo colmare lacune individuali e issarsi fino al primato grazie a un gioco non trascendentale ma altamente solido e organizzato.
Il lavoro di Berdyev in meno di dodici mesi è semplicemente strabiliante, e lo testimoniano in numeri: dopo aver raccolto una squadra in totale crisi di risultati, dopo la scellerata gestione Gamula, e nonostante una pesante situazione societaria, il tecnico che ha allenato per quasi quindici anni a Kazan ha prima trascinato a un’insperata salvezza il Rostov, con la retrocessione diretta evitata soltanto all’ultima giornata, curiosamente proprio in casa contro il CSKA, e la stagione successiva ha inanellato statistiche importanti: rispetto a un anno fa ha 26 punti in più, 25 gol subiti in meno e 9 in più fatti. Sono questi tre i dati che spiegano le fondamenta del primato attuale del Rostov. Sul campo invece, sono due i fattori più evidenti: la proverbiale concretezza, caratteristica di Kurban Berdyev, supportata da una fase difensiva di spessore, e la crescita esponenziale di alcuni giocatori, come Djanaev, noto per le sue papere allo Spartak, Azmoun, capace di prendere le redini del reparto offensivo, e Poloz. A tutto questo, non nuoce affatto la presenza di esperti calciatori come Cesar Navas e Noboa, fedelissimi dell’ex allenatore del Rubin, e Gatskan, autentico trascinatore e condottiero inarrestabile.
Riuscirà il Rostov ad emulare il Rubin 2008? Molto probabilmente no. Il successo di ieri più che alzare le quotazioni dei gialloblu ha aumentato quelle di squadre che ancora arrancano nelle retrovie, soprattutto lo Zenit che tra pochi giorni affronterà sia CSKA, in casa, che Rostov, fuori. Quel Rubin fu bravo e fortunato ad impossessarsi della vetta già all’inizio, grazie anche ad uno Zenit impegnato a vincere la Coppa Uefa, ora invece appare complicato che il Rostov riesca a mantenere il passo fino alla fine. A tal proposito l’esame Perm potrà dare qualche risposta. Come ha detto Dzyuba, il Rostov sa difendersi alla grande dopo essere passato in vantaggio, ma quando subirà per primo il gol, si dimostrerà ancora così vincente?
A Rostov, come è lecito che sia, cominciano a sognare. Fare calcoli e previsioni è ancora un po’ presto, fino al Terek (impegnato domani in casa della Dinamo) sette squadre possono pensare di vincere il titolo, chi più, chi meno. Un finale caldissimo, per il quale si può soltanto ringraziare il Rostov, autore di un autentico miracolo. Per vedere il titolo nel sud della Russia, vent’anni dopo Vladikavkaz, beh, per quello forse ci vuole qualcosa di più divino di Berdyev, magari, proprio ciò che lui acclama durante le partite col rosario tra le mani.