PSV mi piaci tu
Per una volta un editoriale anomalo, che non tratta di Serie A. Non è consueto, infatti, che nel bel mezzo di un fine settimana in cui si gioca il nostro campionato possa trovare spazio un torneo straniero. E, in questo caso, non si parlerà nemmeno di una di quelle leghe che stanno dominando il calcio europeo, le varie Liga, Premiership o Bundesliga. No, questa volta voliamo in Olanda, nella poco seguita Eredivisie, perché in terra oranje c’è una squadra che si sta rendendo protagonista di una stagione magnifica e pazienza se non tratteremo di Napoli, Roma o Juventus (nel dubbio, le prime due hanno già giocato e vinto benissimo, rispettivamente contro ChievoVerona e Fiorentina). Del resto, il solo fatto che andiamo a raccontare una squadra così poco reclamizzata a discapito delle glorie nostrane rende l’idea di quanto sia speciale ciò che questa sta facendo, in patria come sul continente.
Parliamo infatti del PSV Eindhoven di Philip Cocu, Campione d’Olanda uscente nonché attuale capolista di Eredivisie e, a nove anni dall’ultima volta per una squadra olandese, attualmente agli ottavi di Champions League. Certo, lo scivolone ai quarti di finale di Coppa d’Olanda non era previsto (un pesante 1-3 casalingo con l’Utrecht, attuale finalista) ma dalle parti del Philips Stadion si consolano ampiamente con la vetta della classifica locale e con la simpatica prospettiva di un bel viaggetto a Madrid per il ritorno con l’Atlético, dopo un 0-0 in quel di Eindhoven che, legittimamente, lascia spazio al sogno impronunciabile ma suggestivo del passaggio del turno. Per adesso è già più che sufficiente che il PSV sia riuscito in ciò che l’Ajax non è mai stato capace di fare, ossia passare i gironi, e il successo delle Lampadine torna a vantaggio di tutto il calcio oranje perché la compagine di Eindhoven ha consentito di respirare anche al ranking olandese, non proprio in grande salute negli ultimi anni.
Lo scorso anno, i Boeren si sono laureati landskampioen dopo una marcia trionfale da 88 punti (+17 sull’Ajax secondo e miglior risultato assoluto dal 1998), 92 gol fatti, 56 dei quali messi a segno da tre giocatori poi finiti tra i primi dieci migliori realizzatori della stagione (il capocannoniere Depay, il vice-capocannoniere de Jong e l’ex capitano Wijnaldum, ottavo nella speciale graduatoria) e una maxi striscia da undici vittorie di fila. Non un brutto modo di tornare al successo per una squadra a cui mancava il titolo nazionale da sette anni e che aveva dovuto subire la vista di un Ajax capace di vincere lo scudetto per quattro volte di fila.
Un’annata così sopra le righe, ancorché tra le mura domestiche, non poteva non avere ripercussioni sul mercato e infatti le due principali stelle del club hanno lasciato Eindhoven in estate, ossia quei Memphis Depay e Georginio Wijnaldum di cui sopra, autentici pezzi da novanta del PSV (e, come abbiamo visto, due dei tre realizzatori principali), la cui cessione ha portato nelle casse delle Lampadine quasi cinquanta milioni di euro. Per le società olandesi, tuttavia, è la norma incassare grandi cifre e reinvestirne una piccola parte per ricostruire la squadra ogni due o tre anni, sicché sono arrivati a disposizione di Cocu, tra gli altri, i vari Pröpper, Moreno e Pereiro (ed è stato riscattato il fondamentale Guardado dal Valencia). Chiaramente non ci si poteva aspettare dal giovane uruguaiano un rendimento simile a quello dell’ultimo Depay – perlomeno non da subito, così come Pröpper è un giocatore molto diverso da Wijnaldum e andava inquadrato nel nuovo contesto; diverso il discorso per Moreno, che certamente doveva riadattarsi anch’egli all’Eredivisie dopo quattro anni di Espanyol ma su cui c’erano pochi dubbi che fosse un rimpiazzo all’altezza di Rekik.
Per farla breve, l’idea era che quest’anno sarebbe stato di assestamento per i Boeren, dei quali si pensava che avrebbero tratto beneficio dall’esperienza europea (perché nessuno si aspettava di passare agli ottavi in un girone con Manchester United, Wolfsburg e CSKA Mosca, nemmeno il più avvinazzato dei tifosi) e che certamente avrebbero lottato per i trofei olandesi con Ajax e Feyenoord ma ambedue le altre grandi sembravano essere poco più avanti rispetto ai campioni uscenti.
Le prime sei giornate hanno dato ragione a chi aveva fatto questo tipo di lettura: nonostante la vittoria sul Feyenoord, infatti, i soli undici punti raccolti non hanno consentito ai ragazzi di Cocu di lanciarsi in un inizio al fulmicotone, anche a causa degli impegni europei non di poco conto. E invece, proprio quella sconfitta con l’Heracles alla sesta giornata (arrivata non casualmente qualche giorno dopo lo strepitoso successo del Philips Stadion contro il Manchester United, costato un’immane fatica) è stata la prima ma anche l’ultima, in campionato. Semplicemente, è andato tutto al giusto posto: Pereiro ha avuto un impatto strepitoso con la nuova realtà non appena Cocu gli ha concesso una vera occasione, Pröpper ha preso in mano la mediana parzialmente eclissando la stellina Maher, de Jong ha ricominciato a segnare come l’anno scorso, anzi più e meglio, e la difesa s’è consolidata in men che non si dica nonostante l’infortunio che ha costretto Willems a saltare praticamente tutto il girone d’andata. Da allora solo risultati utili – 51 punti in 20 partite, una media terrificante da 2,55 punti a gara – ma, soprattutto, l’attuale striscia da dieci vittorie consecutive, in corso ormai da metà dicembre e con buone chance di proseguire (e magari battere il record dell’anno scorso in casa contro l’Ajax, arrivando a dodici).
Il PSV Eindhoven, in soldoni, è una delle squadri più in forma non solo d’Olanda ma di tutta Europa, indipendentemente dal fatto che al Calderón possa compiersi o meno il miracolo. Naturalmente un grande plauso va fatto anche al demiurgo di questa formazione, quel Philip Cocu che in tanti ricordano a cavallo tra anni ’90 e 2000 con le maglie proprio del PSV, del Barcellona e della nazionale olandese e che è stato capace di riportare la sua squadra (lui è proprio originario di Eindhoven) lassù dove non era più stata capace di stare da una decina d’anni, considerando Europa e Paesi Bassi.
Certo, questa squadra non è ancora al livello di quella in cui lo stesso Cocu ha giocato a metà anni 2000 – quella che per poco non andava a giocarsi la finale di Istanbul con il Liverpool al posto del Milan, per capirci – ma tutto fa pensare che la strada intrapresa sia quella giusta. Aspettiamo e speriamo.