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Roberto Mancini e l’Inter, un rapporto che era iniziato in maniera idilliaca e adesso sembra essersi definitivamente arenato. Non è soltanto una questione di risultati, perché ciò che società e tifosi contestano al tecnico è l’assenza totale di un progetto tattico chiaro e preciso, oltre all’incapacità di modificare le proprie idee in base alle esigenze della squadra. Un discorso apparentemente molto fumoso e che può voler dire tutto o nulla ma, andando ad analizzare nello specifico le dinamiche avvenute da Natale a oggi, coerente al 100% con la realtà.

L’Inter non ha mai avuto un gioco spumeggiante. Anche quando inanellava vittorie su vittorie, spesso erano gli avversari a prendere in mano le redini del gioco, infrangendosi però sul muro nerazzurro eretto da Miranda e compagni. Il diktat era chiarissimo: non prendiamo gol perché, in un modo o nell’altro, una rete gli attaccanti la segnano. Era prevedibile, però, che un periodo del genere non potesse andare avanti per un campionato intero specie se dal punto di vista strutturale, nelle passate stagioni, il problema principale era proprio impedire agli avversari di segnare. Il centrocampo ricco di giocatori dal fisico prorompente ma con poca attitudine a giocare palla a terra, poi, è stato voluto proprio da Mancini stesso in sede di mercato; l’idea era probabilmente quella di imbastire un 4-3-3 con due esterni d’attacco in grado di saltare l’uomo e aiutare Icardi in fase offensiva, facendo poco affidamento sugli inserimenti dei centrocampisti (Brozović a parte) e tanto sui cross dalle corsie laterali, dove finisce spesso il palleggio articolato e macchinoso dell’Inter.

Poi però è cambiato qualcosa, e Mancini ha deciso di mettersi sempre o quasi a specchio con l’avversario: 4-4-2, 4-3-1-2, 3-5-2 e altre varianti tattiche, spesso più di una nella stessa partita, hanno generato una confusione tremenda nella testa dei giocatori, i quali hanno perso anche quei pochi punti di riferimento che sembravano aver immagazzinato nella striscia di vittorie iniziale. Questo, unito alla scarsa attitudine offensiva di centrocampisti e terzini (l’unica eccezione è Telles), ha contribuito a rendere sterile il possesso palla nerazzurro tanto che Icardi, il terminale offensivo numero uno, in alcune partite non ha nemmeno tirato in porta. Come si poteva rimediare a una situazione simile? Almeno sulla carta avrebbe avuto molto più senso andare a prendere un regista basso, o comunque un centrocampista che potesse illuminare la manovra e che non avesse paura a provare la giocata in quella zona del campo. Banega sarebbe stata la soluzione ideale – ma arriverà soltanto a giugno – mentre Soriano già sarebbe stato adattato in una posizione non sua. Di sicuro, però, andare a ingolfare la batteria di esterni d’attacco prendendo Eder non è stata l’idea del secolo: facile dirlo a posteriori direte voi, tuttavia era prevedibile che l’ex blucerchiato non potesse risolvere da solo tutti i problemi della manovra offensiva dell’Inter. Paradossalmente è avvenuto qualcosa di ancora peggiore, ossia che il naturalizzato stesso si è fatto trascinare nel baratro dai propri compagni, passando dall’essere uno dei più positivi nel derby alla panchina contro la Juventus.

Dalle stelle alle stalle, la parabola di Mancini potrebbe addirittura interrompersi a giugno. Non tanto perché le speranze di scudetto sono ormai prossime allo zero – in pochi davvero credevano che i nerazzurri avrebbero potuto lottare per il tricolore sino alla fine – quanto perché Roma e Fiorentina continuano a spingere sull’acceleratore e, adesso, anche il terzo posto sembra essere un miraggio. Sarebbe un dramma finanziario per una società che, convinta dei propri mezzi, aveva fortemente investito su se stessa puntando sulla qualificazione alla prossima Champions League.