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Sarà che la Juventus l’anno scorso ci ha fatti gasare, arrivando in finale di Champions, ma quest’anno pensavamo di avere vita un po’ più facile, nella coppa dalle grandi orecchie. Invece, ci stiamo esaltando perché la Juve ha ottenuto un pari in casa sua, riuscendo a trasformare un suicidio in un delitto perfetto. In cui l’assassino non uccide la vittima al primo round, ma attende il secondo, facendola entrare, stordita, nella sua tana. Eh già: vincere in Baviera. Questo serve alla Vecchia Signora per uscire indenne, e andare avanti in una competizione in cui arrivare anche quest’anno fino in fondo sembra un’utopia. Per non parlare della Roma, che contro il Real Madrid ha giocato al massimo delle sue forze, piegandosi a causa di quel fuoriclasse che si firma CR7, e che non lascia, davvero, scampo a nessuno. Mai.

In sostanza, in Champions League poco da sperare, purtroppo. Le italiane non sono state all’altezza, nonostante la cavalcata semitrionfale della Juventus dello scorso anno lasciasse presagire qualcosa di diverso. Certamente, rispetto alla Roma la Juve è sembrata ancora una volta più matura: i bianconeri non si sono arresi, sono riusciti a rientrare in partita, e se la giocheranno, potrete contarci, nel match di ritorno. In cui, però, sperare nell’impresa è come pensare di poter volare indossando le ali di cera.

Stasera, invece, si va di Europa per altre tre italiane. Un’Europa un po’ più piccola, spesso snobbata, ma comunque dal grande significato in termini di maturità. Napoli a parte, che se riuscirà a mettersi alle spalle il mini-periodo negativo degli ultimissimi tempi non dovrebbe avere troppi problemi a superare il Villarreal, Lazio e Fiorentina avranno degli impegni non semplicissimi. Con i biancocelesti che almeno affronteranno in casa l’ostico Galatasaray, al contrario di una Fiorentina che, a White Hart Lane, dovrà scendere in campo a caccia del gol.

In estrema sintesi: l’Europa ci sta facendo capire che, quest’anno, l’Italia non si è preparata a dovere. E stavolta non confondiamo la cosa con il solito, chiacchierato, livellamento del nostro campionato, con relative ripercussioni nelle coppe internazionali; stavolta andiamo al nucleo della faccenda, per dire chiaramente che se davvero vogliamo tornare a competere in Europa (e non farlo una tantum, come accaduto la scorsa stagione) dobbiamo tornare a ragionare. Dunque pensare. Ed escogitare, capire, progettare, sviluppare. Cosa? Un calcio nuovo, fatto di giovani talenti, stadi di proprietà, marketing. Con nomi nuovi ai vertici (ogni Tavecchio menzionato o pensato NON è puramente casuale) e con domeniche di passione pura, sugli spalti soprattutto, che si spera siano sempre gremiti (a proposito: bruttissimo vedere la Curva Sud giallorossa vuota, per via di scelte, già, ancora una volta assurde da parte di chi decide). Mettersi seduti e riflettere: qui da noi, il pallone è cultura. Rendiamolo nuovamente un qualcosa di cui andare fieri, fuori dai nostri confini.