Uno così, e come lo fermi…
E’ stata forse la partita più bella che la Roma abbia disputato in Europa negli ultimi due anni. E’ stata forse la partita che ha reso meglio l’idea della differenza che c’è tra comuni mortali e fenomeni del pallone. Roma-Real Madrid ha divertito, ha perfino stupito per come si è evoluta con il passare dei minuti. Spagnoli superiori, e qui non ci piove; giallorossi grintosi, insidiosi nelle ripartenze, tenaci in retroguardia, tutt’altro che leggeri a centrocampo.
Spalletti ha provato a mettere in difficoltà Zidane. Ci ha provato, davvero! Inserendo Vainqueur dal primo minuto, e dunque mischiando le carte in tavola; piazzando, poi, Florenzi su Cristiano Ronaldo, per cercare di compensare con la duttilità – e la grinta – del numero 24 romanista la classe pura che ha CR7. Senza un attaccante di peso là davanti, con Salah ed El Shaarawy larghi: due ali veloci, volte a tagliare in verticale la difesa del Real, a spaccarla in due nei contropiede, a prendere in controtempo gli avversari, che come da programma hanno fatto la partita.
Ci ha provato, Spalletti, e come detto ci è anche riuscito, perché il Real, per quanto abbia tenuto il pallino del gioco tra le mani per larga parte dell’incontro, ha fatto una fatica immane a insediare la porta di Szczęsny. Fino a quando non è salito in cattedra lui, con un gol che definire “bello” è nulla. Tacco smarcante proprio su Florenzi, che ci casca, frena, prova a rimediare, ma devia il pallone quanto basta per spiazzare il suo portiere. Peccato. Così come è un peccato non essere riusciti a sfruttare le occasioni create subito dopo da una Roma orgogliosa, da un Vainqueur che pian piano si sta guadagnando la fiducia di allenatore, tifosi e società, e da un Džeko che ha provato a sgomitare, là davanti.
Nulla da fare. Due a zero Real, con Jesé che complica ulteriormente le cose – ma quel gol, forse, era evitabile – e un match di ritorno in cui sperare nell’impresa non è reato: è una follia. Ma il calcio, di follie, ne è pieno, no? Dunque, Roma: testa al secondo round. Con tutto il cuore che hai. Poi, quel che sarà, sarà.