Atletica leggera italiana: ancora un rinvio sul caso doping
Un altro rinvio: così si è conclusa ieri pomeriggio l’udienza del Tribunale Nazionale Antidoping nel processo a carico dei 26 atleti azzurri di atletica leggera deferiti lo scorso dicembre per eluso controllo e mancata reperibilità nell’ambito del monitoraggio antidoping degli atleti da parte di Nado Italia.
Il Tna ha deciso di rinviare a data da destinarsi ogni pronunciamento definitivo per poter ascoltare altri sette testimoni, tra cui medici, tecnici, dirigenti ed ex dirigenti di Coni e Fidal (inclusa Renée Felton, madre e tecnico di Andrew Howe), per acquisire maggiore materiale sulla questione.
La difesa di gran parte degli atleti, affidata all’avvocato Giulia Bongiorno, punta a dimostrare l’innocenza dei suoi accusati spiegando i malfunzionamenti del sistema Wherabout, il programma con il quale il Coni monitora lo spostamento di ogni atleta e gestisce i controlli antidoping: “Oggi abbiamo portato la prova diabolica, perché contrariamente a quanto sostiene la Procura, abbiamo dimostrato che i moduli di reperibilità sono stati inviati tempestivamente e che quando erano stati inoltrati quello era in realtà un secondo invio e che non era un ritardo come contestato. Nella confusione e nel caso è stato scambiato il secondo invio come un ritardo, per cui noi abbiamo provato che c’era stato un primo invio. Io credo che di fronte a un processo che mancava del tutto di elementi probatori a carico, la difesa si sia fatta carico di smontare le illazioni fornendo una prova diabolica. Silvia Salis è tra quelle che aveva maggiore documentazione perché era in possesso della prova del doppio invio. Addirittura era così chiara che in risposta al sollecito sottolineava che quello era il secondo invio.”
L’avvocato non si vuole sbilanciare nè sul sistema Whereabout nè sulla sentenza: “Sia chiaro, non sono contraria e comprendo la decisione del Tribunale ma evidentemente la Procura prima di portare questi ragazzi in processo come imputati avrebbe dovuto lavorare di più. Tutto questo dimostra come questi deferimenti siano stati fatti sulla base del nulla. Ribadisco la mia opinione: questo è un processo zoppo. Che parte da un’accusa pesante, ma in mano ha poco, e si basa evidentemente su una grande lacuna probatoria. Se sono fiduciosa? Se guardo i documenti sì, se guardo le accuse costruite è chiaro che prima aspetto. Per tutti gli atleti abbiamo fornito memorie con il doppio invio e con ciò spero si sia fatto capire che non è una tesi difensiva, ma magari è proprio la realtà dei fatti. E vale per tutti gli atleti, perché è un modo di interpretare il doppio invio.”