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Non carichiamolo di responsabilità

Quando il 24 febbraio 2013 Stephan El Shaarawy segnò il gol del momentaneo 1-0 nel derby di Milano poi finito 1-1 ero davanti alla TV. Quando ho visto il lancio in profondità per lui e il successivo tiro di esterno destro finito sotto l’incrocio del primo palo protetto da Handanović ricordo di aver pensato “cavolo, questo è davvero forte”.

Era il 16° gol del suo campionato, una cifra incredibile per un attaccante esterno per essere solamente a febbraio. Lasciate perdere i confronti con i 24 di Higuaín di quest’anno, non sono umani. Pensate ai 12 di Bacca, per esempio. O ai 10 di Insigne, che più o meno gioca nel ruolo in cui giocava El Shaarawy tre stagioni fa. Era “the next big thing” del calcio italiano e del calcio mondiale, se vogliamo. Una facilità di corsa, di dribbling e di tiro incredibili. Spirito di sacrificio da terzino, corsa da ala e fantasia da numero dieci.

Poi, imprevedibilmente, qualcosa si è rotto. Sono finiti i gol, sono finiti i titoloni, finite le prime pagine. Ed El Shaarawy un po’ si è spento. Dicevano fosse colpa dell’arrivo di Balotelli, poi delle sue “cattive frequentazioni notturne”, poi degli infortuni, poi della scarsa fiducia. Sta di fatto che lo Stephan El Shaarawy visto in quei primi sei mesi della stagione 2012/2013 non si è più visto.

La mia personale analisi tecnica sul giocatore e sul suo successivo calo è stata: ottime capacità organiche, buona tecnica, scarsa imprevedibilità; parte da sinistra e tende a fare sempre lo stesso movimento, provando ad accentrarsi per provare la giocata di destro. I difensori ci hanno messo quattro o cinque mesi a prendergli le misure, ma una volta fatto non è stato più in grado di variare i suoi colpi, denotando una scarsa capacità di adattamento e, di fatto, di non essere il campione che ci aspettavamo. Al netto degli infortuni, delle voci su di lui e sui mesi passati lontano dai campi.

Ma adesso, dopo sei mesi anonimi a Monaco, è tornato in Serie A e nelle prime tre giornate ha segnato due gol e servito un assist, risultando determinante nelle tre vittorie romaniste. C’è la speranza che possa tornare a essere un buon giocatore, ma freniamo gli entusiasmi, soprattutto per lui. Non viaggiamo con la fantasia immaginando la Nazionale e gli Europei.
L’abbiamo già visto in passato: i titoloni, le responsabilità, le pressioni non gli fanno bene.