Pastor Maldonado è rimasto a secco

Che la F1 abbia bisogno del petrolio è il segreto di pulcinella: lo sport motoristico per eccellenza, e fino all’altroieri si parlava sempre e solo di motore a scoppio (altrimenti parleremmo della Formula E), oggi di ibridi. Ma nessuno ne aveva tanto bisogno quando Pastor Maldonado, che negli ultimi cinque anni ha guidato prima la Williams e poi la Lotus, grazie soprattutto al sostegno dello sponsor PDVSA, la compagnia petrolifera statale del Venezuela.

Di certo, la Formula 1 perde un personaggio. Qualcosa va detto, perché il peso dell’attualità a volte ci fa dimenticare il lato più nostalgico delle cose. E lo dico in anticipo: da prima ancora che entrasse in Formula 1, non sono un estimatore del pilota. L’ho sempre percepito come un animale da pista, ma troppo selvaggio, o troppo distratto, o tutt’e due. Sin da quando Hülkenberg vinceva la GP2, e Maldonado ne era il compagno di squadra (quindi: battuto); e anche quando la GP2 la vinse, con i colori italiani del Rapax Team, dovendo contenere le esuberanze di Sergio Pérez.

Personaggione fuori dai circuiti (fervente socialista, legato a doppio filo con il paese che ne ha sostenuto vittorie e tutto il resto), ma in pista ha dato tanto. Soprattutto: ha dato tante sportellate, laddove le vetture non prevedono entrate laterali. I casi sono due: o si tratta di un pilota troppo selvaggio, oppure (a voler essere buoni) ha sempre avuto una capacità soprannaturale di essere sempre l’uomo sbagliato nel momento sbagliato al posto sbagliato (favoriamo contributo video).

Però, per dolersi della sua uscita dal Circus, avrà pure avuto qualche nota a merito. E non fatichiamo a trovarla: nel Gran Premio di Spagna del 2012 (in un campionato pazzo: 7 vincitori diversi nei primi 7 GP), Maldonado ha conquistato la pole position grazie a una scorrettezza di Lewis Hamilton (un altro che non scherza, diciamo…), portando a casa la posta il giorno dopo, al termine di un lungo duello con il ferrarista Alonso. Prima pole e prima vittoria per un pilota venezuelano, prima vittoria della Williams dal 2004 (Montoya, Interlagos). Poi, al termine della gara, al box Williams si verificò un incendio: possiamo sorridere (non ci furono feriti gravi), in questa ironica riprova che con lui l’incidente è sempre dietro l’angolo.

Tanti, troppi incidenti nel curriculum di Pastor, che per quanto pericolo pubblico è sempre stato un pilota non banale. La crisi economica (e il crollo del prezzo del petrolio) hanno messo in ginocchio il suo paese, che adesso non può permettersi (economicamente e politicamente) di foraggiare un pilota di Formula 1. Non ci sono denari, e ci sono forti tensioni sociali: secondo molte voci, i venezuelani hanno accolto relativamente bene questa rinuncia, pensando che i risparmi potranno restare in patria e venire destinati a spese sociali.

Facile capire le radici di questo pensiero, e di quello stato d’animo. Ma, dal lato della Formula 1, possiamo dire che i GP ne risentiranno: molte gare noiose venivano ravvivate dai suoi incidenti spettacolari. A futura memoria, a lui sono dedicati molti piccoli progetti (come il sito Has Maldonado crashed today?, ora in comprensibile lutto, o il canale Twitter Did Maldonado Crash?); a me resta una impressione strana. E cioè: vedo una evidente contraddizione tra una F1 troppo dipendente dagli sponsor e piena di piloti teleguidati, e un pilota che da “ricco” è diventato come tutti gli altri, ma è sempre stato bravissimo a sbagliare da solo.

Vero, il suo motore non era Renault né Mercedes, ma Chávez. Ma non per questo ha dato poco, in questi cinque anni in cui spesso e volentieri mi sono scoperto a maledirlo per l’ennesimo stupido incidente, che ora mi mancherà.

Volete un esempio del perché bisogna amare questo idolo degli sfasciacarrozze, autore di memorabili prodezze in faccia ai guard rail? Bene: dell’ultimo GP di Ungheria tutti si ricordano la vittoria scintillante di Vettel. Dimenticandosi le gesta del nostro Pastor: causato un incidente con Pérez, gli viene comminato un drive-through. Fin qui tutto normale, se non fosse che scontando la penalità ne ottiene un’altra, perché va a superare il limite di velocità nella pit-lane. Finita qui? Anche no, perché al rientro in pista il venezuelano supera Verstappen in regime di safety car, ottenendo una terza penalità. Campionissimo, a proprio modo.

Nell’attesa (sincera) di un ritorno, quindi, a noi piace ricordarlo anche così.

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Pietro Luigi Borgia