Io? Centravanti, non prima punta
Ne sentivamo la mancanza, suvvia. Nell’epoca del falso nueve, del tiki taka, delle punte di raccordo e dei velocisti, sentivamo la forte mancanza di un attaccante capace di svolgere esattamente il suo mestiere: fare gol.
Gonzalo Higuaín: mister ventitré gol in ventitré partite, roba che in pochi, all’estero, sono riusciti a fare, tanto-quanto o meglio di lui. Punta vera, attaccante vecchio stampo, di peso, capace di tenere il pallone, di difenderlo, e poi scattare, dribblare, far male. Quanto ci sono mancati, bomber così. Perché è evidente che al giorno d’oggi l’estremo tatticismo abbia portato il nostro calcio ad adeguarsi a uno stile di gioco diverso, fatto di giocatori duttili, jolly multiuso e multifunzione, attaccanti multitasking. Gente come Bacca, Morata, lo stesso Icardi: prime punte, ci mancherebbe, ma diverse nello stile, nel modo di giocare, rispetto a quei Ronaldo, Vieri e Batistuta che ci hanno fatto esultare e disperare a cavallo tra vecchio e nuovo millennio. E aggiungiamoci anche Darione Hübner, perché no; così come Bierhoff, e ovviamente Filippo Inzaghi (seppur meno possente, meno fisico, più rapido). L’attaccante, semplicemente, doveva fare gol. Lui, l’attaccante, doveva combattere là davanti, e buttarla in fondo al sacco. Pochi fronzoli, poche idee strane per la testa, nessun tipo di boa centrale, nessun finto numero nove, nessuna prima donna capricciosa, nessuna punta-crea-spazi per inserimenti di centrocampisti alla Perrotta. Gol, solo gol: fare gol e basta.
L’ultimo della scuola che fu, inutile dirlo: Luca Toni. Ancora in attività, seppur le primavere siano tante, sul groppone. Lui, Toni, elemento di raccordo tra la vecchia e nuova scuola di centravanti. Lui, più emblematico di Di Natale, che seppur sia un attaccante da tantissimi gol in carriera – e come Toni, per poco, ancora in attività – può essere considerato invece l’apripista degli attaccanti della nuova generazione: più duttile, più rapido, capace di giocare su tutto il fronte offensivo, non soltanto come prima punta. Ovviamente, Totò, bravo a metterla dentro da ogni posizione, e in ogni modo; per questo merita una stima infinita.
Poi, Gonzalo Higuaín. Attaccante completo, come pochi se ne vedono al giorno d’oggi. Bomber di razza, una tassa da pagare per le squadre avversarie. Perché il Pipita, quando scende in campo, fa sempre gol: è la statistica che lo dice. Il Napoli, con lui in campo, gioca sempre partendo dall’1-0: vantaggio mica da poco. Guardare giocare Higuaín (quest’anno) è un piacere: movimenti da prima punta, difesa del pallone, fisico possente, e gol di testa-destro-sinistro-punta-tacco. Gol, praticamente, di ogni tipo, in ogni partita. Come i bomber di razza sanno fare. Come ai romantici del calcio piace che sia. Lui, là davanti, a far divertire Napoli e a far tornare alla testa il pallone di un tempo a coloro che sognano, nostalgici, il ritorno dei goleador. Lui che, in un’altra epoca, sarebbe stato chiamato centravanti, non punta centrale. Higuaín campione di oggi, con la classe e lo stile del calcio di ieri.