Il basket europeo torna al 2001

Piano piano si avvicina il momento: la Federazione internazionale della pallacanestro (FIBA) è pronta a “riprendersi” la principale coppa europea. Neanche il tempo per digerire il sorteggio dei tornei preolimpici, che già si torna sul piano politico.

È notizia che circola da qualche mese: la FIBA vuole riprendersi la maggiore coppa europea, attualmente gestita dalla ULEB (un consorzio tra le principali leghe europee). È una partita a scacchi: si parla, si dice, si favoleggiano nuove idee, e nel frattempo si posizionano le proprie pedine.

Il primo round a novembre, quando la ULEB ufficializza il nuovo formato dell’Eurolega, frutto di un accordo decennale con il colosso IMG: un campionato a 16 squadre, con girone di andata e ritorno, più playoff e Final 4. Principale controversia, le squadre partecipanti: ben 11 sarebbero decise già in partenza, a prescindere dal risultato nei rispettivi campionati nazionali; di queste, tre spagnole (Barcellona, Real, Laboral), due greche (Olympiakos e Panathinaikos), e la nostra Olimpia Milano unica italiana. Una specie di superlega.

Dall’altro lato, risponde la FIBA, con annunci diversificati nel tempo, l’ultimo dei quali risale a ieri: nella sua formulazione definitiva, la nuova competizione FIBA (denominata Champions League: viva la fantasia) dovrebbe vedere 32 squadre ai nastri di partenza, che nella prima fase si sfideranno in quattro gironi da otto compagini ciascuno, per poi passare a ottavi di finale e quarti, e infine la consueta Final 4. Più simile a una coppa, nel senso moderno del termine (cioè: coppa spuria, con gironi iniziali a garantire più certezze).

Questi i programmi; in mezzo, ci sono discrete schermaglie. Per esempio, la Federazione Italiana Pallacanestro (FIP) si è più volte schierata in chiaro favore della FIBA (laddove la Lega Basket non ha partecipato troppo in favore dell’ULEB, di cui pure fa parte), per esempio quando ha rammentato, in consiglio federale, che secondo il CONI «le società regolarmente affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali possono partecipare solo e solamente alle manifestazioni internazionali riconosciute dalla Federazione di appartenenza»; tradotto, nel momento in cui disconoscesse la ULEB la FIP avrebbe diritto di vita o di morte su qualsiasi squadra italiana che possa partecipare all’Eurolega.

Quindi da un lato le squadre più ricche (Eurolega), dall’altro un sistema che premia il merito sportivo anno per anno, com’era in tempi pre-ULEB. Entrambi i contendenti hanno la pretesa di fare il prodotto migliore, capace di arricchire di più il mondo della pallacanestro europea e le squadre che parteciperanno. Curiosamente, c’è in mezzo anche Thohir (che fa parte del Comitato centrale della FIBA ed è presidente della sezione del Sud-Est asiatico): se non entrasse in una Champions, ha sempre pronta l’altra.

Saranno due coppe principali, come era stato nel 2001: l’Eurolega della ULEB, vinta dalla Virtus Bologna, e la Suproleague della FIBA, che in quell’unica edizione fu appannaggio del Maccabi Tel Aviv. E ci furono due campioni d’Europa.

Guardiamoci in faccia: sono passati quindici anni, ed è cambiato il mondo. Per dire: la Virtus Bologna è passata in purgatorio (salvata sull’orlo del fallimento, finita in seconda serie, adesso arranca nella bassa classifica di Serie A); lo stesso Maccabi, per la prima volta dal 2001, non ha neanche raggiunto le Top 16. Il movimento cestistico italiano è in picchiata: fino a inizio millennio le squadre italiane di punta erano tante, poi abbiamo assistito a un dominio senese che, oltre che fraudolento, ha finito di impoverire il campionato (ha senso spendere se si può arrivare soltanto secondi?).

È dura ammetterlo, ma avere di nuovo due squadre campioni d’Europa non ci aiuterà neanche un po’. Ora come ora, non porteremo a casa neanche uno dei due titoli possibili. L’unica cosa che siamo riusciti a cogliere, almeno quello, è l’organizzazione di un torneo preolimpico: e anche qui, in realtà, c’è tanta politica, perché la FIP ha ben capitalizzato il proprio appoggio alla FIBA. E va a merito dei vertici federali il fatto di essere riusciti a capitalizzare tanto in un momento così vuoto.

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Pietro Luigi Borgia