Un’Inter ostaggio dei suoi 1 a 0
“Abbiamo fatto un dormita colossale. E non si può non segnare mai più di un gol”. Errore.
Basterebbe questa dichiarazione di Roberto Mancini per descrivere in toto il mio pensiero sul momento dell’Inter e, nello specifico, sul pareggio interno contro il Carpi, arrivato in undici contro dieci a due minuti dalla fine del recupero.
L’Inter si è fatta ammirare per metà campionato per una solo grande qualità: la sua prepotenza. Dopo il derby d’andata, un girone fa, avevamo messo l’accento proprio su questa caratteristica, capendo l’importanza di essere la squadra più equilibrata, quadrata e forte fisicamente del campionato. Peculiarità che ha permesso ai nerazzurri di vincere tante — tantissime — partite con il minimo sforzo in termini realizzativi: 1 a 0 e tutti a casa, con buona pace degli attaccanti avversari che per 90 minuti sono andati a sbattere contro i colossi interisti. Risultato, l’1 a 0, simbolo non del “brutto gioco” come in tanti hanno voluto sottolineare in questi mesi, ma della grande attenzione e della grande solidità tattica di una squadra costruita proprio per giocare in quel modo. Grande presenza — anche fisica — nella parte centrale del campo grazie a un centrocampo granitico e una coppia difensiva rocciosa e buoni spunti individuali in attacco, grazie al cecchino Icardi (si può criticarlo quanto si vuole, ma fa gol ogni due palloni toccati) e agli spunti dei vari Jovetić, Ljajić, Perišić e compagnia. Si distrugge e si limita il gioco avversario per poi mordere anche solo una volta in attacco. Non fa una piega. Finché funziona tutto alla perfezione.
Perché questo è il vero problema dell’Inter attuale: non funziona più tutto alla perfezione. Non è solamente colpa dell’attacco che segna poco, perché oggettivamente ha segnato poco anche a inizio stagione. Non è solamente colpa del centrocampo che fa meno filtro o della difesa che regge meno. È un problema di insieme, di mentalità. L’Inter ha perso quel senso di graniticità nella zona nevralgica del campo, quell’umiltà di aggrapparsi ai suoi punti forti per poi pungere di rapina. Mancini ha cercato di riassettare la squadra poggiandosi su basi diverse e ha finito per rompere quell’incantesimo che aveva portato i nerazzurri in testa alla classifica con merito. Con l’aggravante che ora, una volta in vantaggio 1-0, anziché giocare come a inizio stagione, la squadra si prende il lusso di cercare a tutti i costi il raddoppio, fidandosi fin troppo della sua capacità di non subire reti.
Prendere gol al 93° minuto in contropiede contro il Carpi a San Siro in undici contro dieci è figlio proprio di questa supponenza e superficialità. Le dichiarazioni di Mancini nel post partita, tra l’altro, fanno capire che l’errore non è stato capito, ma, anzi, incentivato. Ma era meglio l’Inter “brutta e vincente” di inizio stagione o questa che prova a giocare meglio e stenta a fare due vittorie di fila? Chiedetelo ai tifosi. La risposta è abbastanza semplice.