Figli di un dieci minore: Ciro Muro, vice Maradona del primo scudetto
I giorni compresi tra il 14 settembre 1986 e il 17 maggio 1987 rimarranno indimenticabili nella storia di Napoli, come epica e come epoca. In questo arco di tempo, si contornò di concretezza tricolore quel lungo sogno chiamato scudetto, coinvolgendo in un’euforica magia la città e tutti i tifosi mondiali del Napoli. Difficile che chi abbia vissuto quel periodo vibrante di attese e di festa possa dimenticare quell’atmosfera. Per quanto pochi anni dopo sarebbe arrivato il secondo scudetto, quello della stagione 1989-‘90, la prima volta fu un’esplosione di gioia popolare tale, da consegnarsi interamente alla memoria storica di un popolo.
Anche perché, se nel 1990 accanto a Diego Armando Maradona, c’erano campioni formidabili come Careca e validi nazionali come Alemão e Crippa, oltre a Ciro Ferrara nel pieno del suo fulgore atletico, nel 1986-’87, c’erano sì ottimi giocatori come il trentunenne Giordano e il ventenne Ciro Ferrara, Nando De Napoli, e Salvatore Bagni, ma molti dei corifei del Te Diegum erano storici veterani come Bruscolotti e Ferrario e riservisti complementari dai nomi oggi per lo più dimenticati, come Caffarelli e Carannante, Luciano Sola e Tebaldo Bigliardi, Romano, Volpecina. E Ciro Muro, classe 1964, di vocazione numero dieci ma sulle spalle un altro numero, perché l’unico Dieci possibile a Napoli, non poteva essere che Maradona.
Napoletano di nascita a vent’anni debutta con gli azzurri in A, per poi andare a fare la gavetta, prima in C1 a Monopoli, poi a Pisa, in serie A, dove con 4 reti in 29 presenze si guadagnò il ritorno a casa madre.
Grazie agli allenamenti con Maradona, Ciro Muro aveva sviluppato in particolare la dote di saper calciare le punizioni, e in generale sapeva far valere le proprie doti tecniche sui calci da fermo, tanto che qualcuno gli cucì l’appellativo di Murodona.
Nella stagione dello scudetto, su 30 partite, Muro riuscì a guadagnarsi 11 gettoni di presenza, quasi sempre subentrando. In un’epoca in cui si avevano a disposizione solamente due sostituzioni complessive, rimane un bilancio sufficiente per farsi notare, tanto più che riuscì ad apporre la propria firma sul tabellino nel successo interno contro l’Ascoli, sbloccando un risultato inchiodato, in un momento di difficoltà per il Napoli.
Nello stesso anno il Napoli vinse anche la Coppa Italia, inanellando un record di tredici vittorie su tredici partite. Ciro Muro andò in gol all’andata, nella doppia finale contro l’Atalanta.
Così Ciro Muro ricorda gli anni vissuti accanto a Maradona: “Dallo spogliatoio non usciva mai niente, se qualcuno faceva tardi la notte, ci si copriva a vicenda. Non dicevamo niente a nessuno, erano cose nostre”.
Nella stagione successiva, Muro passò alla Lazio, in serie B, dove partecipò al ritorno nella massima serie dei biancazzurri, mettendo a segno 4 reti. Più fievole il suo contributo nella stagione successiva, in serie A.
Di lì in poi, Ciro Muro giocherà soprattutto nelle serie minori, girando il Sud Italia da Cosenza a Messina, poi Taranto e Ischia, fino a chiudere con Matera e Albanova.
Una carriera onesta, come tante. Ma con una preziosa eccezione. Ripensando all’anno di grazia 1987, Ciro Muro è tra quelli che ancora oggi può dire “Io c’ero. Ed ero il vice di Maradona”.