Una volta si risolveva da uomini

Torniamo sull’argomento per chiuderlo definitivamente. Roba bruttissima, quella andata in onda martedì sera sulla rete pubblica. Già, parliamo ancora del botta e risposta tra Sarri e Mancini: un qualcosa di cui farsi venire il rosso alle guance. Sia chiaro: nessuno qui vuole neanche lontanamente affermare che l’insulto del tecnico azzurro sia giustificabile: è tutto ciò che ha scaturito che ha, davvero, dell’imbarazzante. Perché per quanto i colleghi della Rai abbiano incalzato Mancini, nel dopogara della sfida del San Paolo, non era il caso, davvero, di lasciarsi andare a spiegazioni o riferimenti in diretta nazionale, con quel “frocio” e “finocchio” spiattellati lì a mo’ di insulti ricevuti (perché lo sono insulti, sia chiaro, ci mancherebbe) e che hanno provocato una ovvia reazione. Giusto protestare, e farlo anche con veemenza, chiamando, perché no, in causa federazioni e tutto ciò a cui si può chiedere aiuto per ottenere chiarezza e giustizia; folle, invece, andare in televisione a riferire al mondo del pallone cose di cui il mondo del pallone non dovrebbe neanche interessarsi.

Perché non c’entra con il calcio, tutto ciò. Il calcio è adrenalina, sfottò, a volte anche esagerazioni, che al triplice fischio possono ridimensionarsi e sparire, o amplificarsi e restare. E se restano, diventa fondamentale la destinazione. Cioè a chi arriva, il tutto. Perché ricordiamocelo sempre: qui il calcio è sport nazionale, ed è seguito da milioni di persone. Martedì sera, quella partita l’hanno vista, appunto, in milioni, e un messaggio chiaro è stato inviato da Mancini prima (“Sarri mi ha dato del finocchio”) e Sarri poi (“Mancini mi ha dato del vecchio cazzone”), finendo nelle case di tutta l’Italia pallonara. Adulti e piccini, tutti a parlare della lite tra due tecnici che hanno più o meno sessant’anni ciascuno, ma ne hanno dimostrati, complessivamente, meno di un bambino delle elementari con gli occhialoni, a cui il compagno di banco bullo ha dato del quattr’occhi. Pensateci: la cosa è identica. Problemi da bimbi, portare gli occhiali ed essere presi in giro; problemi da (finti) adulti, essere allenatori di due delle squadre più blasonate d’Italia, e finire a piagnucolare in diretta nazionale per delle offese ricevute. Davvero, ci mancava che uno dei due se ne uscisse con “specchio riflesso”, e sarebbero scattati i celeberrimi 90 minuti di applausi.

A ogni modo, sappiamo che ad azione segue reazione, e dunque tutto ciò ha portato una conseguenza: un polverone mediatico incredibile; con la vera notizia, ovvero l’Inter tornata a vincere al San Paolo dopo un ventennio e qualificatasi per le semifinali di Coppa Italia, messa da parte e soggetta a condimento della clamorosa lite tra i banchi di scuola. Perdonatemi, ma per me è una follia.

In più, il paradosso: personaggi che vivono di calcio hanno messo il calcio in secondo piano, l’altra sera. Figure che dovrebbero essere parte integrante, anzi fondamentale, del pallone hanno pensato che i battibecchi personali fossero più importanti dell’evento stesso. Col mondo del giornalismo che ha, a sua volta, sbagliato (e forse stiamo sbagliando anche noi di MP a parlarne, in questi giorni) a dare risalto alla cosa, anzi: a dare risalto SOLO a questa cosa, questo litigio inutile tra due grandi che hanno giocato a fare i piccini.

Momento moralista: le offese, tiratevele dietro a vicenda, ma fatelo da soli. Siate professionisti non solo contratti alla mano. Ci mancherebbe, tutti possono sbagliare, l’importante è rimediare in fretta, oppure spiegarsi in fretta. Da bambino, mi hanno sempre insegnato a non dare peso alle cose futili, per quanto possibile. Se non possibile, sono stato educato a far valere le mie ragioni, puntando sempre e solo a trovare un modo per risolvere. Anche incazzandomi, con in mente però un solo obiettivo: risolvere. Non infiammare, gettando benzina su un fuoco inutile. Mi hanno anche insegnato, poi, che “fare qualcosa di sbagliato è grave, ma fare la spia è assolutamente peggio”. Sarri: insulto che un professionista doveva e dovrà saper evitare. Mancini: una spifferata che non doveva fare in diretta tv (altrimenti è ovvio che l’obiettivo non sia l’ottenere giustizia, ma lo sputtanare – passatemi il termine ma calza a pennello – il collega, e farlo per l’evidente motivazione di non essere riuscito a farsi rispettare sul campo, pochi minuti prima).

Ovviamente, Sarri sarà squalificato. Giusto così. Mancini avrà la sua soddisfazione nel vedere il tecnico azzurro fermo per un tot di tempo. Bene per il suo quoziente di soddisfazione personale. La cosa verrà digerita, pian piano, come fatto per mille altre vicende simili che sono accadute e che accadranno, nel calcio. Ciò che non si digerisce, davvero, è l’incapacità di mettersi in secondo piano rispetto allo sport. Sarebbe stato bello, addirittura, vedere Mancini replicare (via dal mondo il finto perbenismo) e vedere la cosa finire lì, oppure pretendere legittime scuse, o addirittura infuriarsi e abbandonare il terreno di gioco. Sarebbe stato bello vedere i tecnici chiarirsi, confrontarsi da uomini, e Sarri scusarsi, e Mancini accettare o no le giustificazioni del collega che ha sbagliato. Robe da pallone, lo sappiamo tutti che quel campo là, verde, con due porte e tante righe bianche che si incrociano, è una continua scarica di adrenalina nelle vene. Sarebbe stato sì, bello tutto ciò. Non è andata così. Purtroppo. Evidentemente, bisognerà aspettare tempi migliori: evidentemente, è più facile essere caporali, per citare l’eterno Totò. Evidentemente, l’era dei signori (del calcio) non è questa.

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PS. Giù le forche! Il “da uomini” del titolo è inteso come “genere umano”. Posso andare, ora?

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Alex Milone