Home » Umiltà e voglia di fare

Se è vero che un certo tipo di spettacolo solo la NBA lo sa regalare, non si difende male neanche la pallacanestro del Vecchio Continente, le cui competizioni hanno respiro internazionale e si svolgono con la struttura (quasi) di un altro campionato, o di una lega. Se è probabile che dalla prossima stagione la parola quasi sparirà (e si passerà alla formula di un campionato vero e proprio), già da oggi arrivare sino in fondo è una maratona: conta essere concreti fin da subito ma anche reggere alla distanza, conta dosare le forze.

Spesso e volentieri, visti gli ingenti capitali investiti dalle squadre più forti, le competizioni nazionali diventano una formalità. O comunque una lotta tra ricchi e poveri: come nel calcio, le Barcellona e i Real Madrid si confrontano settimanalmente contro avversari sovente incapaci di competere, nonostante campionati come quello spagnolo, greco o turco presentino ai nastri di partenza molte compagini di valore. Ma il “succo”, alla fine, è ciò che avviene di giovedì e venerdì: difese intense, tanta tattica, coach leggendari e nuove leve. Ex giocatori che trasferiscono dal campo alla panchina la loro conoscenza del gioco, realtà che fanno della continuità tecnica un punto forza e chi di anno in anno butta giù e ricostruisce, smantella e riparte da zero: in Eurolega c’è di tutto, è difficile stare al passo.

In questo contesto, le recenti notizie sulla questione Mens Sana – ultima italiana a qualificarsi per le Final Four dell’ex Coppa dei Campioni – aumentano lo sconforto di chi ama il basket nostrano. Perché Siena, piacesse o no, è stato l’ultimo progetto tecnico in grado di ricordare gli anni di Treviso e delle bolognesi; perché Milano ha fallito: dal momento sliding doors di quella serie vinta e poi persa contro l’Olympiakos, l’Olimpia non s’è più ripresa e in Europa peggiora stagione dopo stagione.

Sotto, poi, il nulla: Sassari in due anni di partecipazione alla massima coppa continentale ha vinto una partita e il divario tecnico (oltre che fisico ed economico) con le grandi e le medie d’Europa è imbarazzante:. Fuori confine non basta ciò che in Serie A è sufficiente. E sicuramente cambiare il 70 o l’80% del roster ogni estate non è l’ideale.

Descritta questa realtà, è gennaio 2016 e ci troviamo senza squadre in Eurolega. Ma nell’altra coppa – l’Europa League del basket, a dirla volgarmente – le cose vanno meglio: Olimpia e Dinamo, dopo gli scivoloni della prima giornata, hanno dato un segnale e altre realtà come Reggio Emilia, Trento e Venezia possono dire la loro.

È un’Europa diversa, sicuramente, dall’Eurolega ma non mancano sfide tecniche di un certo livello, come quella contro il Galatasaray, regolato mercoledì al PalaSerradimigni. O avversari nobili come l’Alba Berlino, per non parlare dell’interesse del gruppo italo-turco che coinvolge Aquila e Reggiana: un po’ Italia e un po’ no, in un’esperienza certamente formativa in prospettiva playoff.

Non mi stancherò mai di dire, allora, che dietro alla serie difensiva di Sassari con Milano nel 2014-2015 ci fossero i ceffoni presi in autunno e lo stesso si può e potrà dire delle altre. Siamo indietro e l’Eurolega è troppo grande per noi? Pazienza, c’è un’Eurocup tutta da scoprire (e da godere), in cui possiamo imparare qualche lezione e dire la nostra. Senza paura, senza snobismo, senza pretese di superiorità: bastano umiltà e voglia di fare bene.